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getto personale fosse rivolto, non ci troverebbe sicuramente disposti ad attendervi con quello zelo e con quella costanza con cui non abbiamo esitato a dedicarci all’opera che abbiamo perciò appunto intitolata ai nostri concittadini.

D’altronde, superflua, lo ripetiamo ancora, sarebbe ogni altra nostra parola. Perocché finora noi scrivemmo coll’intendimento di giovare alla comune prosperità.

Se per buona nostra ventura abbiamo riuscito, ci reputeremo felici, e ne ringrazieremo la Divina Provvidenza, la quale ci ha permesso di compiere questa povera nostra fatica frammezzo alle molte infermità ond’é di continuo travagliata la misera nostra esistenza.

Che se avessero a tornar vani i nostri sforzi, sarebbe affatto inutile continuarli; quindi miglior partito sarebbe certamente un silenzio ulteriore. Il quale silenzio almeno non prolungherebbe discussioni inutili, anzi dannose e poco dicevoli, specialmente quando fossero accompagnate dalla menoma personale contumelia, onde potesse appunto derivare la continuazione di quei dissidii ch’abbiamo cercato di combattere costantemente in questi nostri discorsi.

Gli ottimi cittadini, de’ quali, la Dio mercè, pur tanto ancora abbonda la nostra Italia, approveranno, noi lo speriamo, questa condotta, da retto fine inspirata.

Di que’ pochissimi che non sono tali, crediamo, senza peccar d’alterigia, esser lecito di non curare il giudicio.

Raccomandata pertanto all’indulgenza de’ lettori benevoli la nostra scrittura, noi ci auguriamo, che possa non tornare interamente fallito lo scopo di essa; e che almeno, promossa dall’opera assunta la discussione sur una larga scala d’universale interesse, e non più circoscritta ne1 confini d’un gretto municipalismo, abbiano a derivarne risultati profittevoli alla comune prosperità, cui solo anelano i sinceri nostri voti.