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bene dal difetto d’operosità nelle speculazioni vere ed efficaci, da vizioso ordinamento del lavoro, da erronei provvedimenti economici a guesto relativi. Rimediati cotali difetti, quelle nazioni, premunite ancora al tempo istesso dalla tabe dell’aggiotaggio, ben più presto giugnerebbero a vera e solida prosperità, poichè ogni speculazione di traffico in esse promossa, e da savie regole governata, in breve riuscirebbe a porgere i più larghi profitti.

Discussa ne’ termini più estesi la materia presa a trattare, ora rimane a far cenno dell’applicazione delle nostre dottrine ai varii Stati della Penisola.

In essa, la Dio mercè, finora la piaga dell’aggiotaggio o non allignò mai, od appena si mostrò esordiente.

A Napoli, anni sono, le imprese che a quell’abuso conducono, se male ordinate, ad un tratto si moltiplicarono, come già notammo.

Nè mancarono scrittori, i quali tentarono di aggirare l’opinione e persuaderla di potere crear dal nulla immensi valori.1

  1. Senza parlare di molti scritti, cadati, appena nati, nella meritata dimenticanza, basti citare: La magia del eredito, opera voluminosa d’un defunto, signor De Weltz, di Como, trapiantato a Napoli, ed una grande quantità di opuscoli del barone Corvaia, siciliano, con cui questi, sempre lamentando le proprie peripezie fino al ponto di divenir molesto, pretendeva dimostrare i miracolosi effetti della sua Bancocrazia. -Noi, porgendo questo br»vissimo cenno di quelle due pubblicazioni, ci guarderemo dal sottrarle all’obblivione in cui caddero; chè sarebbe in vero sperdere il tempo nostro e de’ lettori senza la menoma utilità. — Solo nel far parola della prima, ricordiamo un aneddoto il quale molto bene pinge che cosa sia un giocatore di borsa. — Il signor De Weltz, venuto a Torino anni sono, ci era indirizzato nell’epoca in cui cominciavasi a pariare della strada ferrata di Genova, ma dubitavasi tuttavia se l’arte avrebbe riuscito a superare il passo dei Giovi. Egli a noi rivolgevasi onde sapere qome avrebbe potuto riuscire ad ottenere la concessione di quell’impresa. Prima di rispondergli al proposito, noi credemmo dovergli chiedere, se avesse anzi tutto verificato possibile in linea d’arte l’assunto. — Ma egli, con una burbera ingenuità, che pareva in lui naturale, fissandoci, stupito quasi della nostra semplicità, ci replicava bruscamente: «Cosa importa a me se la strada si potrà fare o no; credete voi ch’io sia per ciò qui venuto? Arrivo di Francia, ove ho guadagnato de’ bei quattrini sopra il giuo-