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tarsene il minore aggravio, mercè del noto spediente delle conversioni, onde ridurne gl’interessi; si renderan quelle conversioni impossibili; e dovendosi, per una causa qualunque contrar nuovi debiti dal governi, le condizioni che faran loro i capitalisti, rivolti ad altre speculazioni, saranno ben più onerose.
A queste innegabili conseguenze dell’aggtaggio pregiudizievoli all’universale, vuoisene ancora aggiungere due altre, le, quali, sebbene tocchino direttamente soltanto ai casi pecuìiari delle singole imprese, e di coloro che in esse perdono le proprie sostanze, non sono meno dannose indirettamente alla ricchezza generale, di tanto scemata sempre quanto si può valutare il cumulo delle perditei ndividuali.
Difatti, un’impresa di vie ferrate, la quale per difetto di previsioni, o per erronee illusioni sia perdente a segno da non potersi compire, od anche compita, da non potersi esercitare senza grave perdita, o da correr persino incontro ad un pieno fallimento, sarà certamenteuna grave rovina, e per le spese prime, fatte inutili, e per quelle future, rese più gravi e più costose, onde salvar quelle già anticipate, e finalmente per i gravi dissesti che produrrà nell’ordinamento del lavoro, con datino degli operai ad esso addetti, e del processo, della produzione.1
Ancora; le perdite e le rovine private, dalla crisi prodotte, operando sempre direttamente, come per riverbero, sopra una ìnfinità di transazioni particolari, non solo saran lesi i fonti della produzione suddetta arrestata nel suo corso, ma, crescendo l’importanza del sinistro, crescerà la miseria pubblica e privata.
Queste sono, a nostro parere, le conseguenze che è pur troppo lecito, anzi dovere, temere dall’aggiotaggio.
Ora quali effetti pregiudicevoli sulla moralità e sulla stessa condizione economica d’una nazione producano siffatte conseguente, sembra inutile dimostrare. Perocché là dove l’avidità di guadagno è promossa all’eccesso e con ogni maniera d’incitamenti, come d’arti subdole e meno oneste; — là dove le frequenti
- ↑ Ricordiamo al proposito l’opinione esposta del Dunoyer alla nota 1 della pag. 236 sul danno di coteste imprese fallite.