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che della Penisola e dell'orbe intero, in cui seguono le speculazioni del gran traffico.

Se cotesti effetti ci sembrano potersi prevedere fortunati; saremo felici nel celebrare l’accorgimento e la saviezza di quei governi, o de' privati che avran posto opera a conseguirli. Che se per mala ventura l’introduzione di qualche inconveniente od abuso potesse porgere in vece occasione a veder pure, in Italia rinnovati i lamentevoli danni morali ed economici notati altrove, noi non esiteremo a denunciarli preventivamente possibili, acciò, se ancor v'è tempo, vi si apponga opportuno ed efficace rimedio; felici pure, se in questa occorrenza le povere nostre parole potranno giovare a quel punto della patria nostra cui saranno indirizzate, non mai col fine d’esercitare verso governi o privati la menoma maligna censura, sibbene col retto intendimento di porgere un utile avviso.

Ancora; parleremo col fine d’escludere ogni idea preconcepita d’interessi contrari dell'uno all’altro scalo della Penisola. Perocché, come intendiamo la cosa ne’ nostri principi economici, e come riputiamo difatti doversi codesti princìpi praticamente applicare, noi non crediamo che sia fondata, giusta e reale alcuna rivalità tra gli scali suddetti. Chè tutti invece essi trovansi, a nostro credere, posti in condizione egualmente buona, relativamente considerata; sicchè nè possono, nè debbono rispettivamente nuocersi; purché ben inteso, seguansi i precetti d’economica liberalità insegnati dalla vera scienza, non i gretti errori dell’empirismo.

Dichiarate queste cose a guisa di proemio fondamentale del nostro discorso, entriamo ora senz'altro nel divisato assunto.