Pagina:Delle notti di Young traduzione di Giuseppe Bottoni e del Giudizio universale dello stesso Young.djvu/94

68 quinta

Trovare è d*uopo, o negli oggetti eterni
Le potenze occupar. Nel cerchio angusto
Del tempo è spento ogni piacer. Si cerchi
Questo dell’urna oltre il confin! La sola
Speme, che resta in questa valle oscura,
È P applauso comun, del cor la calma.
Quello riscuote il saggio, e questa è figlia
Di rigida virtù. Se d’ambo è privo
L’uom per propria follìa, miseri oh quanto
Restano i giorni suoi! Lieto alla tomba
S’avanza allor che alla virtude è fido:
Desia la morte, e più di lei non teme.
Veste il delitto sol d’orrido ceffo m
La morte, ed ogni reo di ferro, e strali
Cinta la mira, e spaventosa in faccia.
Tu, Narcisa diletta, or sii mia scorta *
Per non temer di morte il fiero aspetto,
Perchè il mio core a disprezzare apprenda
Tutto quel ben, ch’abbandonare io deggio.
E- pria che ali 1 urna questa spoglia inferma
Mandi il bronzo funebre, in me disciolto
Trovi la morte ogni più caro laccio,
Che m’unisce col Mondo, e il ferro atroce
Recida sol de* giorni miei lo stame,
Se tra gli erti dirupi, allor che il nero
Manto spiega la notte, in braccio al sonno
Resta la mia ragion, l’ombra diletta
Coir armi del dolor mi desti, «scuota,
E di morte il mio ciglio afflitto, e stanco
Vegga costante il frettoloso passo. 4 Più
non fa d’uopo ad annientarmi adesso
Erculeo braccio, o barbara vicenda.
Del mio morir il formidabil cenno
Segnò Natura* In suo poter la morte
L’ebbe, ed attende forse un sol istante,
Per renderlo a me noto. Allor che il ciglio
Volga a mirar i tanti giorni, e gli anni,
Ch 1 ia già vidi cader, nè più ritrovo
Tanti mortali, che di me più saggi,