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66 quinta

Tante pene a che prò, se del trionfo
È la pompa sì breve; e l’ostro, e Poro,
La gloria degli eroi, de* regi il serto
Augusto sasso ìtl poche note accoglie?
Non è di certo mal. di bene incerto
Una serie la vita? E ignobil creta,
Ch’altra polve riceve, al fasto umano
Non è meta costante? Eppur la folle
Ardita Gioventù, presa d’un vago
Effimero splendor, di mille e mille
Mali va in traccia sull’aprir degli anni.
Questi la rendon saggia, il vel si scioglie
Al crescer dell’età $ ma quando apprende
Qual sia la vita, al comun fato è in braccio.
Se il canto mio delle future genti
Giunga a ferir l’orecchia, a lor sia noto
Un uom, che crebbe, e visse intorno al trono,
Benché in anglico suol vedesse il giorno $
A cui sembrò, che la volubil Dea
Porger forse potria la chioma aurata,
Quando questa a Ini fosse inutil dono,;
Che non ambì sul tramontar desìi anni
Vita novella, o più rideiite il fato,
E che mirò Tinevitabil Morte
Qual fren bastante a così folle impresa»
Sento, che Tuoni cadente esclama, e grida:
Vita tesori ancora j ancor diletti.
Tanto chiede costui? forse ignora,
Che inuti) dono è posseder l’oggetto
Ministro del piacer, «e l’alma e priva
Del primiero uJgor? Che langue, e muore
Ogni piacer, quando il vigor de’ sensi
Incomincia a inerir? Che invan s’affanna
A vibrar l’arco, che natura ha reso
Inabile a ferir? Come più lungi
L’ombra sen va da chi si oppone al raggio
Allor che a Teti in seno il Sol s’asconde,
Cosi crescon le brame in cuor dell’uomo,
Quando la vita a tramontar si appresta.