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56 quarta

Ei sotto il manto d’amistà nasconde
QueH 7 empio ferro, che già stringe, e vibra
Sol quando preme il sen l’orrida punta
Dell’odiato rivai. Forse che lungi
Troppo son io dal ver, fia ehi m’accusi?
L’Arbitro eterno il sa, lo sa quel Dio,
Che dell’uomo nel cor legge, e che volle
Di questo core all’uman germe ascoso
Il maligno, l’orrendo, informe aspetto.
Forse gli sdegni miei troppo ascoltai? v
Ma chi può mai tacer? Chi può tranquillo
Restar, se offeso sia nella più cara
Parte, ne’ dolci amici? Eppure oh Dio I
Oh de’ mortali vergognosa impronta!
Odiato fu quel di virtude esempio,
Queir amabil Filandro. Un sì funestoVero
seppe, soffrì. Sì trista sorte
Entrambi afflisse: ah questa sorte ingrata
Già più non ci minaccia! Oh mia Narcisa y
Ultima del cor mio cruda ferita,
Il duol, che mi lasciasti, ogni altro immerse
In alto obblìo: sì lacerarmi is sento
Da tanti dardi, quanto il fato avversoSul
tuo capo versò tormenti, e mali’.
Sembra, che il fato in te sfocar sua possa?
Voi esse, e più funesto il crudo eccidio
Rendermi in te; di te la tomba oscura
Rendermi più ferale- Oh figlia, oh cara,
Parte di me, seppur le voci intendi
D’un padre ancor, col genitore il guardo
Stendi a mirar que’ dolorosi e fieri
Tratti, co’ quai Ja morte in nuove forme
Compier le piacque la crude] vittoria.
Tutti mi stan presenti, ahi vista! Ognuno,
Qnal Idra fiera, che Tacciar non teme,
Il trafitto mio cor lacera, e tutto
Lordo del sangtie mio, di sangue Jia sete»
-Chi resister potria? Qual di virtude
Sforzo vinto non fora? E come mai