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48 quarta

Passq, di lor favello, in lor mi pasco.
O dell’aline gentili amabil Dea,
Argentea Luna, tu, che in questi istanti
Regni tranquilla, e sola in seno agli astri >
Scendi, lascia le stelle, e tu mi detta
Cose, che il Cielo istesso ammiri, e Giove.
Tu Germana di Febo, allor ch’ei splende
In altro Cielo, il nobil corso, e vario.
Delle sfere tu reggi, e tu ben sai.
Qual armonia da’ moti lor si formi.
Sì dolce amabil suon mortale orecchio
Mai non giunse a ferir. Deh tu mi porgi
Estro divin, che nel mio seno accolto
Moderi l’alma afflitta, e lacinia cetra,
Che del mio piantp è la più fida amica,
Di celeste armonia tutta risuoni.
Già de 1 tuoi gravi e tristi influssi io sento
La forza, o Dea, che mi circonda e investe.
Un fremer dolce in te si desta, e grato ■
Il mio tenero pianto a te si rende.
Dolce, vaga, qual sei, qual sei modesta,
Io piango una beltà trofeo di morte.,
Amabile Narcisa io... sì... ti véggio
rallida, trista, e la tua voce io sento,
Che mi ricerca il cor, che all’aure chete •
In flebil mormorio tai note scioglie:
Cupa notte è per me. Di notte eterna
9 i II va*o fior degli anni miei, le mie
„, Più felici speranze or sono in preda., «.
No, la notte, pb-e sorse all’urna accanto
Di Filandro, non fu sì nera, e foscll,
Nè di nebbia sì tetra alJor mi cinse»
Oh Filandro! Oh Narcisa! Oh trista? ò amara
Catena d’infortunj! Un sol di questi
Di rado assale. In ampia folla all’uno
L’altro succede, e all’infelice oppresss
Tutti gravan la fronte. Ancor ben chiusa
1/ urna non era del diletto amico,
Che Narcisa il seguì. Mentre di pianto