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26 SECONDA

255Sfrondata resta, e di bei frutti avara.
Robusta, ed ubertosa il quarto lustro
Tra noi la rese, e di Filandro in braccio
Tutto il mel, che ne piove, io ne gustai.
Ove trovar quei dolci, e cari modi,
260Quel tenero suo cor, que’ sensi alteri,
Sensi discesi in lui dal sen di Giove?
Candida l’alma avea. Spirava il labbro
Un benefico riso, ed era il core
Centro d’ogni virtù sublime e rara.
265Di qual piacer, che ogni piacer eccede,
Colmò la mia quella bell’alma allora
Che un sol cor fe’ di due l’amor sincero!
Oh invidiabil piacer! Piacer, che i Numi
Forse ignorano ancor; piacer, che scorto
270O lo fu questa volta, o mai tra noi.
Sì gran ben lo godei... Per sempre adesso
Io l’ho perduto... Ahimè! Di morte a’ colpi
Cadde l’illustre amico, ed or poss’io...
Posso per lui versar pianto, che basti?
275Forse tra questi orrori io troppo inaspro
A me stesso il mio duolo, o troppo io seguo
Dell’agitato spirto i tristi affetti?
Molto l’amai finché al mio fianco assiso
Lo vide il Sol; ma quanto in me l’affetto
280Crebbe il colpo fatal! Barbara morte,
Per te tutto riscnto il grave peso
Delle perdite mie. Nel gran momento,
Che lungi il trasse un implacabil fato
Da questi lumi, e con ardita fronte
285Ver l’olimpiche sedi il volo altero
Spiegò quell’alma, io la mirai fastosa
Di più nobile ammanto, e vidi in lei
La gloria e la virtù farsi più belle.
Perché della sua voce alto sonora
290Non mi fe’ dono, ch’io potria qui dire
Quanto grande egli fu di morte in braccio,
E qual ebbe vittoria, e quai corone
All’aprirsi dell’ampia orrida scena,