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14 PRIMA

485Trasporti sono a soffocar bastanti
In noi tutti i contenti, e la soverchia
Gioja ci lascia più infelici assai
Di quel che fummo pria che il suo possesso
Si concedesse a noi. Temi, Lorenzo,
490Ciò che felicità dall’uom si chiama.
     La mia morì con te, caro Filandro
L’ultimo tuo sospir ruppe l’incanto.
Ora disciolto è della Terra affatto
il magico splendor. U’ sono adesso
495Que’ brillanti fantasmi, e quella ricca
Veste, di cui l’ornò la tua presenza?
Io più non veggio che un deserto nudo,
Un tetro error, una spogliata terra,
Ove canuto io resto in abbandono,
500Qua vil rifiuto di natura: è morto
Il grande incantator, e sparve quella
Fantastica region. Qual improvviso
Cangiamento! Ed oh quanto a me diverso
Sembra il mondo da quel che gli occhi miei
505Vider già pochi di! Filandro amato,
Tu più dunque non sei che poca polve
Perduta, e spinta in una tomba oscura?
Di tue dolci speranze eri già presso
A posseder l’oggetto; e quante pene,
510Quai sudor ti costò! D’onor, di gloria
Qual nobil foco t’accendeva! Oh come
Tua giovinezza alla virtù si volse
Con gigantesco piè! Ma pur frattanto
Che la tua gloria il guardo nostro abbaglia,
515La cruda morte nel tuo seno ascosa,
I tuoi progetti deridendo, all’ombra
Fea suo lavoro, ed in silenzio a’ tuoi
Giorni sicura disponea la mina.
     La prevision dell’uom giammai non puote
520La congettura oltrepassar: l’evento
È quel che di saviezza, o di follia
Nome le dona, e la più vaga idea
Termina spesso in un pensier molesto.