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NOTTE. 11

Gl’insanabili morbi, e la miseria
Assalgono a vicenda in fiera lega
370Mille e mille viventi, i quai soltanto
Nella tomba sperar ponno un asilo.
Vedi questa d’estinti enorme folla,
Che dei pubblici Ospizj esce dal seno!
Pallida in volto, e semiviva osserva
375Altra turba, che cresce, e chiede il luogo,
Che gli estinti lasciar! Quanti infelici
Nudriti già d’ogni piacere in braccio,
Imploran or la mano fredda e lenta
Di caritade; ed ahi vista crudele!
380Da lor s’implora in van! Molli opulenti,
Quando il piacer vi stanca, in quel momento
Che più non ha per voi diletti il Mondo,
A respirar venite ove trionfa.
La miseria, il dolor: soccorso, aita
385Date, e in veder tante di rea fortuna
Vittime sventurate, il senso in voi
Del piacer si ravvivi. Ah voi già siete
Senza rossore; e se tuttor vi tinge,
È la sola virtù, che in voi lo desta.
390Meglio saria, se la sventura il solo
Vizio assalisse; ma virtù, saviezza
Sono un debol riparo ai colpi suoi.
O sobrio l’uomo, o intemperante sia,
E dal malor sorpreso, e senza colpa
395Talor punito. E se di cupa selva
Abitator divenga, in quella ancora
Forse nol seguirà barbara noja?
Spesso siam men sicuri allor che l’alma
Va nel futuro a prevenir gli eventi,
400E il passo, che facciam per fuggir morte,
Quel passo appunto in braccio a lei ci porta.
Non dà giammai felicità quel tanto,
Che ne promette il nome; e siam mai sempre
Sorpresi di trovar tanta distanza
405Tra ’l ben, che ricercossi, e tra l’oggetto,
Che col ben si confuse. I nostri voti