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NOTTE. 291

Al fiammeggiar di questi astri notturni
Socrate meditò, Seneca, e Plato.
E nel silenzio della notte v in mezza
140A questi giorni essi scoprir poterò,
Le verità sublimi, onde sì chiare
Reser quell’opre lor, che il mondo ammirar
A que’ saggi non fia cbe di tue lodi
Sborsi soltanto mutile tributo;
145Ma fede ancora a* detti lor tu presta.
Questi del germe uman dotti maestri
Pensionati non fur, perchè d’inganni
Pascessero gli alunni . A te fan nolo,
Cbe in ogni luogo l’universo, il Nume
150Richiamano i pensier, gli affetti nostri:
Che l’universo a noi, benché men vivi,
Dell’alto Creator tramanda i raggi,
Come dall’ocean riflesso ò il Sole,
In cui disco infuocato occhio non mira:
155Che un’anima immortal sol si compiace
-D immortale pensier, che spazio immenso
Vuole un immenso spirto, e che i sublimi
Oggetti, che il grandioso altero aspetto
De’ portanti san far l’alma più grande.
160Cosi dettò la notte quei si saggi
Mortali, e sempre il Cwi così disvela
Alla ragion Ài verità, d’affetti
Sublime inesaurabile sorgente
Per aggirarsi in ciel Palma è fornata»
165Colà, disciolta da’ terrestri lacci,
E nel carcere suo non più ristretta,
Respira in libertà, si fa maggiora
Fino al massimo grado: ogni potenza,
Di cui gode, sviluppa: intende alfine
170La grandezza verace, e là non teme,
Che mentito color le tessa inganno.
Ella non va smarrita in questo campo
Ingemmato di stelle. Allor che in queste
Maraviglie s" aggira, egual portento
175Ella stessa divieti . La lor grandezza