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288 VENTESIMASECONDA

20Ed ogni oggetto nel mirar, di cui
Straordinaria ampiezza il ciglio fere:
Urto riceve Palma, il qual più attive
Le potenze, ne fa, la fa più grande,
E pensieri sublimi, e ardir le ispira.
25hi quegli istanti, in cui la mente è accesa,
Sembra che all’uom dia la natura stessa
Soccorso, delP ingegno ella secondi
Gli sforzi, e compia la metà dell’opra.
Ma di grande che v’ha, che v’ha di vasto
30In questi oggetti, se si mira il cielo?
E quai ci sembrerai!, se la bellezza
E di quelli, e del ciel pongasi a fronte?
Arte umana, a cui dà di grande* il nome
1/ orgoglio nostro, d’ingrandirti- agogni,
35D’ergerti, per aver titolo illustre:
Ma che divieni alla natura in faccia?
In faccia all’opre sue dimmi che sono
Quell’acque, che a" ferir mandi le nubi .
In limpide colonne, e le tue grotte
40Ove i fiumi imprigioni? I tuoi colossi,
I tuoi monti ridotti a forma umana?
Le città, che di cento altere porte
Ornasti, e dove al peregrino è poco,
Che per tre volte il Sol nasca, f e tramonti,
45Se contemplar ne vuol tutti i portenti?
I pensili giardini, i tuoi sì vasti
Teatri, e gli archi, ch’a’ trionfi innalzi?
Queste non son che fanciullesche imprese.
Eppur P aspetto lori 9 uomo colpisce,
50L’alma solleva. Di rispetto. è colma
Di magnifico tempio al primo ingresso:
’ E qual sorpresa in lei dovrà del cielo
Destar la vista? E di qual sacro orrore
Pieno esser dei nel rimirar, che posto
55Fosti da Dio sotto 1* argentea volta
Del tempio immenso, che il suo braccio eresse?
Se il solo aspetto d’un mortai, ch’è saggio,
Ispira la virtù; se di virtude