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DECIMAQUARTA NOTTE. 189

Che il saggio forma /e segue. Oh "quanto cede*
D’ambizioso mortai l’onor meschino
Dell 1 incognito illustre all’alta gloria!
Senza rivale, e soloto a se stesso
250Chiude questi il tesor di sue virtudi
Tra l’ombre sacre di solingo albergo.
Del mondo al ciglio ascoso, in stretto nodo
Vive col sommo Dio 5 tranquillo passa
In seno della pace i giorni suoi;
255E al termine fatai colmo di speme
Giunge dove ali Elroi del fasto umano
Da smanie, da timor restano oppressi.
Chi nel morir disvela un’alma grande,
Da grande visse, e non si miri al fato,
260Alla fama, che ottenne in questo esilio: *
Ma tai grandi non stanno a’ regi appresso.
Questa gloria nascosta, a Dio sol nota
Jj ambizioso non cura. Il grave incarco
Delle pubbliche cure egli sostiene,
265Finché il pubblico in lai fissa lo sguardo".
Tal vigorìa sovente, e tal coraggio
Mostra, che par ch’ei nen ne senta il peso,
E trovi in sostenerlo il suo riposo:
Ma se più non si mira, altrove il ciglio ’
270Se volge il monde., e le sue lodi affiena,
Ei più fofrza non lia, soccombe, geme,
E’ semivivo, e par che sol respiri
Finche vive in altrui. Vorrebbe il folle, v,
Che base fosse il mondo a un solo oggetto,
275Ghe sol per ammirarlo il germe umano
Vita godesse, e che l’oggetto eccelso
Innalzato così foss’egli stesso. T
Qual rischio è mai mostrar, d’esser geloso *
Detta stima del mondo! Incauto, e folle
280Più d’ogni altro difetto è quell’orgoglio,
Che occultarsi non sa. Più si figura
D’appressarsi alla meta, e più n’è lungi.
S’avido sì di lode egli si mostra,
Del proprio amore altrui risveglia, e punge