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DECIMAQUARTA NOTTE. 185

Da quella altezza con ardita fronte
Volgariomaggi a mendicar si stanno)
E non di rado avvien, che neghi il volga
Ciò che pasce di lor Pavido orgoglio.
95I Regi, e quei che fan corona al trono,
Che ne sentono i cenni, han sempre in fronte
Rispettabilinomi: e sia pur vario Il
merlo lor: la Religione, e quella
Legge, che ognun vuol ferma, ognun* rispetta*
100Che mamtien tra le genti ordine e pace f
Assicurano a lor l’esterno omaggia
Piegar dobbiam la rispettosa fronte
A tai vittime auguste adorne rese
Dal voto Universale, e che al servigio
105Del vassallo più vile obbliga un serto.
Ma se gelosi son, che il cor gli ammiri,
Siam fidi alla virtù j che un tal tributo,
Premio del merto vero, ai Re non mai
Offerto vine, e sol si sborsa ali 1 uomo»
110Suddito il cor non è che di virtude:
Pende sol dal suo cenno, e solo a lei
Giura di tributar costante omaggio..
A riso desta il rimirar quel Duce
Di popolo selvaggio, ebbro, fastoso
115Di quel manto regal, perchè con Y oro
Non lo fe? suo, perchè non l’ebbe in presto r
Perchè adorni ne furo il padre, e gli avi.
Ma qual follia d’immaginar, che Palma,
Chain sen colui, che d’ostro e d’oro è Ginto,
120Di chi ha spoglia più vii Palma sorpassi!
Un’anima immortai, che vien superba
Perchè un soglio calpesta, a me par vile
Quanto il Romano Imperador, che il trono
Scendea dell’uni verso a fare acquisto
125Di gloria nel temprar musica eetra.
Della sola ignoranza il fasto e lìdio •
Cieco è l’uomo superbo, e mal se stesso
Vede, conosce. A quelP suigel rassembra,
Che più lumi non ha; mira che s’erge