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XIII. NOTTE.


La Tristezza, e la Disgrazia.


ARGOMENTO.


Non sempre il pianto è effetto* di tristezza Vi sono vene tenere e virtuose lagrime,che si tributano alV amicizia ^ aW amore •Benché tratte dai seno del dolore, hannoanch’1 esse il loro diletto. Di poche > anzi di niuna cosa deve V uomo rattristarsi 9 tolto che- del proprio vizio, e follìa, allorché V animariflettendo sopra se medesima, *i trovain epici li contaminata-* Tutto il rimanentedei mali sensibili, che tormentano V uomoin questa vita, appena merita il nome di disgrazia > e di inali del saggio; -ed è debolezza il soverchiamente dolersene* Maquando ancora la soverchia sensibilità ispirassesì fatto debole sentimento > si ha diquesto sicuro conforto dalla considerazione yche Iddio è il distributore dei beni, e dei inali, nei quali si alterna la vita.

Dimmi, Lorenzo, d^uù sospiro il prezzo
Intendesti giammai? Giammai del pianto
Apprenderti le leggi? ( È questa un* arte,
Che i mondani licei dettar non sanno)
5De’ mortali tafel cor Nascosto, ’e cupo
Sei tu disceso a rintracciarne il fonte?
Se noi facesti, or vi scendiamo insieme,
K meco impara a ticondur del pianto
I rivi amari alle natie sorgenti*
10Oh guanto errato va colui * che altero
Del suo sapere in estinguiLi 1 lete
Prova di miov(*idee> $e stesso opprime
Con mal note dottrine! Egli divora 5