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NOTTE. 117

250Senza forza cader si mira al piede.
Sorgi, Lorenzo, andiam, vieni, e decidi
Se l’uomo è un esser vii, se un giorno in lui
Tutto debba morir. Meco alle nubi
( Tu, che in alto poggiar giammai ricusi )
255v Rapido ascendi, e della sua possanza
Tutta la pompa osserva. Il ciglio abbassa
Alla terra, che tutta a te predice
La tua sorte immortal. Quai meraviglie
Mostra al di fuor da gareggiar con gli astri!
260Oual di lei vasto tratto è reso adorno
Da’ fior, da* frutti, e dalle mesi altere!
Per quanto mar spiegali le navi il volo.
A soddisfar dell’uom Pavida sete
0 di nuovo piacere, o d’aspra guerra!
265A lui servono gli astri, il mare l’i venti,
E Tindustre suo genio arbitro è reso
E dei venti, e del mar. Debole inciampo
Sono al corso di lui quelle, che il cielo
Quasi vanno a ferir, vaste montagne
270Nate fin da quel dì che nacque il mondo.
Quante l’uom ne distrusse, e quante immense
Profondissime valli ci rese ha colme!
Quante illustri città siedon regine
Di monti in vetta, o di spaziose valli
275Empiono il sen! Di lor mira le torri
Ch’ergon le cime in risplendente e vaga
Foggia piramidal, c’hanno l’impero
Del paese vicino, e son del ricco
Quadro, ch’or ti mostrai, lustro, e corona.
280Oh portento maggior! Vedi sul mare
Erger altre città l’altera fronte,
1 eui portici eccelsi, e i regj tetti,
Che si pingono in mar, l’onda raddoppia.
L’ardito flutto invan mugge su’ fianchi
285- Della mole che il frena, e il pin difende:
Flagella in van la vasta immobil massa,
E di candide spume invan i’ asperge.
Vedi, che l’uom più regni all’oceano