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119. E presso a poco in egual cifra si riassumevano i calcoli fatti e le spese dimostrate dai governanti negli altri luoghi. Imperocché ai necessari apparecchi per la measa di Serse e dei suoi seguaci; mensa ordinata sempre un gran tempo prima, e predisposta sempre con somma cara; procedevasi in questo modo. Non appena si faceva adire intorno intorno la voce degli araldi che prenunziava l’arrivo dello esercito persiano, i cittadini ripartivano fra di loro quante biade si trovavan raccolte nella città, e tutti concorrevano alla fabbricazione di farina sì d’orzo e si di grano, quanta avrebbe potuto bastare per molti mesi: oltredichè procuravano l’ingrassamento del bestiame grosso e minuto, acquistato del piìi bello e di maggior prezzo; e attendevano alla coltura di molti volatili non meno terrestri che acquatici, allevandoli quali in casa e quali in vivaio, per il trattenimento dell’ esercito: finalmente facevan provvista di calici e di coppe, e di quanti altri arredi ci vogliono per apprestare una mensa. Queste ultime cose peraltro erano unicamente destinate alla mensa del re e dei suoi convitati: per il resto dell’esercito bastava la pura somministrazione delle cibarie. Al giungere poi di Serse colle sue genti presso i popoli che l’aspettavano, egli trovava già eretto e pronto il padiglione che doveva servirgli di stanza: il resto dell’esercito si accampava all’aperto. Venuta quindi l’ora della mensa, gli ospitanti si affannavano in un gravissimo lavorìo. Laddove quegli altri, dopo essersi ben satollati, passavano tranquillamente sul luogo tutta la notte. E la mattina appresso, abbattuto il padiglione, e rimosso quanto era possibile di rimovere, si dilungavano, senza lasciar nulla indietro, ma seco portando ogni cosa.