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’fermarono, per disposizione dei comandanti, surte sull’ancore, colle prore tutte drizzate verso terra, e ordinate in una fola fronte. Alle milizie navali, finalmente, fu ingiunto di mostrarsi in quella occasione arredate ed armate come nell’ora della battaglia: e il re assisteva a tutto ciò, aggirandosi in mezzo fra le prore schierate ed il lido.
101. Dopo avere, dunque, riveduto il naviglio, Serse lasciò la nave dove s’era imbarcato, e fece a sé chiamare Demarato figlio di Aristone; il quale venutogli alla presenza, lo interrogò in tal modo: Mi è grato in questo momento, o Demarato, di domandarti alcune cose che io desidero di sapere. Tu sei Greco, e per quanto da te medesimo è da altri Greci, in cui mi avvenne di abbattermi, ho potuto raccogliere, tu appartieni ad una città che non è certamente delie più deboli né delle meno considerate. Dimmi, pertanto, se, a tuo giudizio, i Greci saranno abili dì resistermi osando di alzare le mani contro di me. Giacché, per quanto a me pare, neppure una congiunzione generate dei Greci e degli altri popoli occidentali sarebbe capace di contrasfarmi il passo, salvo il caso che si stabilisse fra tutti loro una perfetta concordia. Ma contuttociò mi è caro di udire anche il tuo avviso in siffatto argomento. Ck)sì interrogava Serse; e Demarato gli rispose: Prima di tutto, o re, bisogna che io sappia se tu vai in cerca di verità o di lusinghe. E l’altro allora gl’impose di dire schiettamente la verità, promettendogli che, in quaInnque modo, non sarebbe mai scaduto dalla sua grazia.
102. Il che udito, Demarato tosto soggiunse: Tmperoccbè, dunque, assolutamente tu vuoi che io ti dica il vero,
Rhc), tHor,e Erwlotti, III. i