Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
- 28 - |
ficandoli, al loro arrivo, colle dimostrazioni ospitali le più larghe e le più magnifiche; e facendo promesse di danaro, per il desiderio grandissimo di conferire egli pure al buon esito della guerra. Ma al suono di tali promesse, il re domandò subito ai Persiani che gli stavano intorno: Che specie d’uomo fosse questo Pitio; e se possedesse realmente tante ricchezze che giustificassero le sue parole. Alla quale interrogazione di Serse fu risposto: Questo è quel medesimo individuo, o re, che già fece dono a Dario, tuo padre, dell’aurea figura di platano e dell’aurea figura di vite; ed è, dopo te, l’uomo più facoltoso che noi conosciamo.
28. Serse restò maravigliosamente colpito da quest’ultima proposizione; e rivoltosi quindi a Pitio, domandò un’altra volta, a quanto precisamente sommassero le sue ricchezze. E Pitio a lui: Non credere, o re, che io mi ti voglia infingere, e che sia per ricorrere a scuse d’ignoranza per celarti il vero. Mi è perfettamente nota la quantità dei miei averi, e con altrettanta esattezza mi dispongo a descriverteli. Perchè, come prima ebbi acquistato il convincimento che tu tendevi realmente verso il mar di Grecia; e desideroso di venirti in aiuto colle mie sostanze in cotale impresa; mi misi subito a investigare di quanto tu potevi effettivamente disporre. E, a calcoli fatti, trovai che possedevo duemila talenti d’argento, e quattrocento miriadi di statere doriche d’oro, meno settemila (6). Ora, o Serse, tutte queste facoltà io te le dono. In quanto a me, quel che mi resta di servi e di campi, per il mio trattenimento, è abbastanza.
29. Dai quali detti Serse meravigliosamente allettato,