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— 348 timento intorno alla palizzata di gerre: ma essendo questa finalmente caduta, divenne sempre più fiera ed ostinata la mischia presso al tempio di Cerere, infino a tanto che gli uni cogli altri si attaccarono corpo a corpo; imperocché le brevi a^te dei Greci erano facilmente arraffiate e rotte dai Barbari. I Persiani poi non la cedevano certo ai nemici per il vigore dell’animo né del corpo: ma oltre all’essere sprovvisti di buoni usberghi e di buoni scudi, non conoscevano il modo di combatter dei Greci, e non li agguagliavano di prontezza. Ad uno ad uno talvolta. a dicci per dieci; e ora in gruppi di maggiore, ora di minor tenuta, . «i lanciavano contro gli Spartani; e xsf restavano tutti uccisi.

63. Dalla parte però dove si trovava di persona Mardonio; il quale combatteva montando un cavallo bianco, ed era circondato da una eletta di mille prodi; i Persiani premevano con gran vantaggio i nemici. E 6nchè Mardonio visse, anche i suoi resistettero, e molti LacedemoDÌ sbarattarono con fortunato valore. Ma quando Mardoni" fu ucciso, insieme con lui cadde la forte guardia che il circondava, anche gli altri voltaron le spalle, e cedettero ai Lacedemoni -, pregiudicati specialmente dal modo del loro vestire, senza buoni usberghi nò buooì scudi. Cosicché erano in effetto milizie leggiere che do^ vevano paragonarsi con uomini di grave armadura.

64. Allora fu che (secondo il detto dell’oracolo) gì Spartani vendicarono in Mardonio la morte di Leonida: e Pausania, figlio di Cleombroto, nipote di Anassandrida^ riportò la più bella vittoria di cui ci resti ricordo. Ave; poi antecedentemente enumerati i progenitori di Leonida,

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