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- 332 del ceppo, egli si recise addirittura la pianta. Il che fatto; e dovendo Egesistrato jngrannare quelli che il custodivano: traforò il muro delia prigione. Donde passato all’aperto, egli se ne fuggì a Tegea, camminando in tempo di notte, e restando nascosto il g-iorno io mezzo alle selve. Di sorte clie, mentre i Lacedemoni lo cercavano da ogni parte, Egesistrato alla terza notte raggiungeva Tegea: e quelli non potevano darsi pace della strabocchevole audacia dell’uomo, di cui vedevano un mezzo piede per terra, e lui non trovavano. Dopo essere, dunque, allora Egesistrato fuggito nel modo narrato dai Lacedemoni, pervenne, come ho detto, a Tegea, la qual città non trovavnsi in quel tempo in buoni termini con Isparta. E rimarginata che egli ebbe la sua ferita,. si adattò un piede di legno in luogo di quello reciso; e d’allora innanzi fece aperta professione d’inimicizia verso dei Lacedemoni. Inimicizia peraltro che non gli profittò fino al fine; essendo stato dai Lacedemoni catturato nna seconda volta a Zacinto, e poi me.sso a morte (6). Ma questo fatto seguilo tempi posteriori alla battaglia di Platea. Allora Egesistrato vaticinava sulle rive dell’ Asopo condotto da Mar donio con grosso pregio; e esercitava il suo ufficio stU"diosameute, mosso non meno dal suo odio contro g^’ Spartauì che dalla sete del guadagno.

38. Posciacliè, dunque, gli esplorati auguri proibivano di rompere le ostilità anche ai Persiani e ai Greci che I ^ seguivano (i quali avevano per loro speciale vaticinatore^ Ippomaco ili Leucade); e intanto il campo ellenico s’in-grossava sempre di nuove genti; seguì che Tiraageuide, tìglio di Erpi, Tebano, consigliò a Mardonio di guardare gli sbocchi del Citeronc, dicendo che di là affluivano