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nirli; che se non si risolvevano di venire in aiuto degli Ateniesi, questi avrebbero ben saputo trovar da se stessi un qualche sollievo alle loro disgrazie.

7. Ma per l’appunto in quei tempi i Lacedemoni attendevano alle loro feste Giacinzie, ed erano tutti assorti in tale celebrazione; oltredichè l’erezione della muraglia all’ingresso dell’Istmo era già progredita fino all’altezza dei merli. Giunti poi i legati ateniesi a Lacedemone, in compagnia dei legati di Megara e di Platea, e introdotti al cospetto degli Efori, parlarono in questa forma: Siamo stati mandati qui dagli Ateniesi per dirvi: che il re dei Medi non solamente è pronto a restituirci le terre tolte, ma ci offre la sua alleanza, franca e sincera; oltredichè ci permette di aggiungere quanto altro paese vogliamo al nostro dominio. Ma noi, per la riverenza che portiamo a Giove ellenico e non volendo tradire la causa della Grecia, non mai acconsentimmo, ma rifiutammo anzi sempre tali proposte; nonostante il contegno oltraggioso e ingannevole tenuto dalla Grecia a nostro riguardo, e quantunque sappiamo benissimo quanto sarebbe più conducente ai nostri interessi il confederarci col re di Persia anzichè avventurarci a una guerra. Non saremo però mai noi che patteggeremo spontaneamente coi Barbari; e la nostra opera (qualunque essa sia) la conserviamo invece, e schiettamente, al patrocinio dei Greci.

Ma voi altri, o Lacedemoni, che poco fa mostravate tanto spavento di una nostra possibile alleanza col re di Persia; ora che sapete per certo che noi non vorremo mai tradire la causa ellenica, e ora che avete omai raggiunta l’ultima altezza nella costruzione del muro istmico, non vi date più alcun pensiero delle cose ateniesi. E lad-