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fatto. Chè, essendoci innanzi al consesso dei maggiorenti Persiani due opposte sentenze di fronte; l’una fatta per esaltare la nostra insolenza; l’altra per abbassarla, e per insegnare quanto sia malvagia cosa il commovere gli animi a desiderar sempre cose maggiori di quelle che si possono conseguire; ti vedevo pur troppo inclinato verso il partito più pernicioso a te ed al paese. Ed ora che tu ti eri convertito a miglior consiglio, e che avevi rinunziato in tuo cuore alla spedizione di Grecia, mi narri di una ripetuta visione, mandata a te da qualche Dio, la quale in forma d’uomo t’inibisce di disdire l’impresa ellenica, lo però dubito forte che ci sia nulla di divino qua dentro. Perchè la natura dei sogni, che vanno vagando pel mondo ed occupando gli spiriti dei mortali, è appunto così come te la definirò io, che nacqui molti anni prima di te. Le visioni, cioè, che sotto specie di sogni ci visitano nella notte, sono il più delle volte in intima corrispondenza con quelle immagini che più ci hanno occupata la mente durante il giorno. E tu sai benissimo come, in questi giorni passati, il grande affare dell’impresa ellenica fosso per tutti noi il pensiero continuo, la cura predominante. Ma se le cose non sono realmente come io le credo, e nel fatto di questo tuo sogno bisogna proprio riconoscere un intervento divino; allora trovo fondata in ottimo ragionamento l’illazione che n’ hai dedotta. E sia pur dunque, che a me ancora apparisca codesto fantasima, e che mi comandi le stesse cose che a te. Ma non vedo per qual ragione esso dovrà apparirmi più facilmente, se io sarò chiuso nei tuoi vestimenti, anziché nei miei propri; e se dormirò nel tuo letto anziché nel mio, posto che la visione debba aver luogo veracemente. Perchè non posso credere che, qualunque sia l’essere che si nasconda in