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ducendo con loro un certo Onomacrito, interprete e ordinatore dei vaticinî di Museo. Col quale Onomacrito i detti Pisistratidi si erano riconciliati prima di movere verso Susa. Dappoiché questo Onomacrito (2) era stato antecedentemente bandito da Atene per opera d’Ipparco, figlio di Pisistrato; e ciò per essere stato sorpreso da Laso, figlio di Ermione, nell’atto che frodolentemente mischiava nei vaticinî di Museo questo vaticinio di suo capo: che le isole poste nella direzione di Lemno sarebbero un giorno scomparse, inghiottite dal mare. Laonde Ipparco gl’intimò il bando da Atene, nonostante la grande intrinsichezza ch’era passata sempre dianzi fra loro. E capitato, dunque, quest’uomo a Susa insieme coi Pisistratidi; ogni volta che si recava al cospetto del re (al quale già i Pisistratidi stessi avevano narrato di lui magnifiche cose) si faceva a recitargli ora un vaticinio e ora un altro. Ma quei vaticinî che avessero per avventura predetto sciagure al Barbaro, egli li passava in silenzio: e sceglieva invece con gran cura tutti quegli altri che al Barbaro prognosticavano liete sorti. Insistendo massimamente sulle predizioni che adombravano il gran fatto dell’ Ellesponto destinato a esser congiunto dall’abilità di un Persiano, e distendendosi non meno sull’altro fatto della spedizione di Grecia. E quindi Onomacrito agiva sull’animo del re colla recitazione dei vaticinî; i Pisistratidi e gli Alevadi, dichiarandone e interpretandone le sentenze.

7. Posciachè, dunque, Serse si lasciò persuadere a portare le armi contro la Grecia, allora fu che, un anno appresso alla morte di Dario, egli si risolvette per prima cosa a ordinare una spedizione contro i ribelli. E domati