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72romunione i loro peccati al fine di scambiarli con quei del proitimo; dopo avere però maglio veduti i peccati altrui, ciascuno colenlieri si riporterà indietro i suoi. Onde concludo che la condotta degli Argivi (anche rome la rappresentano gli altri Oreci) non f» certamente delle peggiori.
La figura, di cui si serve qui Erodoto per dichiararci la sua morale, non 6 nova, e fu messa in bocca anche a Solooe. Con essa si Tnols esprimere e stabilire in sostanza: che aon bisogna precipitare tenteuze di biasimo uè contro iadividui, nd contro popoli, ove ipecialniectc sia in gioco la molla pericolosa degrinteressi; di guisa che ii possa ragionevolmente temere che la passione offuschi la sereoiU e imparzialità dei giudizio. Il quale non sarà mai giusto ed equanime se chi si querela della condotta di un altro uomo, o della polilìcsdì un altro Stato, non guarderà ad alti’o che alle rclazioui di quelli condotta e dì quella politica col proprio utile, passando sopra aogii altra ragione determiuante. Quantunque questa ragione determininti! possa molte volte esser tale, da giustificare appieno i fatti e le ritoluzioni cbe si ceusuranu. Onde direi, cbe le parole di Ei-odoto postoso prendersi come un’ illustrazione o un commento del trito proveròio italiano: Che ne sa più il patto a casa tua che il savio a eato d’altri.
Il quali’ proverbio può applicarsi appunto benissimo al caio Jci Oreci e degli Argivi. Perchè i Greci avrebbero temperata di eerto l< sevoritA dei Inro giudizi intorno alle perplessità di questi iiell’aUHni con loro contro Sorse, se avessero saputo, o voluto, mettersi un po’ meglio uei loro panni. L’ iodìpendenza generale della Grecia dallo straniero era certamente, anche agli occhi degli Argivi, una miglia fica cosa. Ma prima di pensare all’ìndipondenza generale, voleTU’) assicurare la propria contro ì continui soprusi o le violenze di Spirti. Ora, non era ella spiegabile e giustificabile tale politica? Eroiiot^ dice di st.
N. 32. M£Tà &è toOto tò eflprma, toù? T<’M<Spou<; KaXcoMévoo? t’» £upr|Koua(utv ré\uivi ■itapa6i&oi tt^v nóXiv xal éuruTÓv (§ 155i.
E dopo atere ottenuto questo insperato successo, Gelone riut^’ a impadronirsi anche di Siracusa, quando ci rirondusst dal’’’ città di Casmena t, cosi detti, oahori, ossia ottimati Sira’’u«""’ che dal popolo e dai loro servi, conosciuti col nome di cilurI, «’■"«o stati antecedentemente cacciati fuori. Ma, allo appressarti di w’’ Ione, il popolo di Siracxisa commise interamente la città e ti’’" detimo alla sua discresione.
I gamori di Siracusa, qui menzionati da Erodoto, costituivano ’.’ olaate dei possessori del suolo fra i coloni dorici venutici da Coriato,