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8 rono precisamente i medesimi che prima erano andati in Sicilia; e ripetettero quivi gli stessi argomenti che già usato avevano con Gelone. Quei di Corcira promisero subito tutti gli aiuti immag-ìnabili, dicendo che nessuna cosa doveva più interessarli quanto la salute della Grecia. Imperocché se questa periclitasse, sarebbero stati tratti necessariamente anche loro in una prossima rovina: onde sentivano l’obbligo di aiutare con tutti gli sforzi possibili la causa ellenica. Ma queste erano lustre. Perchè, quando venne il momento bono d’agire, i Corciresi mostrarono ben diversa intenzione. E quantunque avessero allestite e poste in perfetto assetto di guerra cinquanta navi, pure mossero di mala voglia alla spedizione, tenendosi sempre accosti al lido peloponnesio, e fermandosi, surti sull’ancore, fra i due punti laconici di Pilo e di Tenaro, in aspettazione dell’esito ultimo delia lotta. Non sopravviveudo in essi alcuna speranza che i Greci potessero riuscir superiori; ma tenendo anzi per certa una strepitosa vittoria persiana, e la conscguente soggezione di tutta l’Eliade. Onde i Corciresi fecero quel che fecero con calcolato disegno, e al fine di potere un giorno rivolgersi a Serse, e dirgli: Noi, o re, quantunque invitati dai Greci alla loro lega, in grazia delle non poche milizie e delle uon poche navi (le più numerose dopo le ateniesi), di cui potevamo acconciarli; non volemmo nientedimeno mover le armi contro di te, nò fare cosa alcuna che potesse esserti ingrata. Col qual discorso speravano poi di ottenere un trattamento migliore degli altri; e l’avrebbero, credo io, ottenuto in effetto. Ma i Corciresi avevano la loro scusa bell’e pronta auclie riguardo ai Greci; e se no servirono, quando vennero da questi accusati del mancato aiuto, allegando: Che essi avevano bensì alle