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commissione di cui erano incaricati. Ai quali gli Argivi risposero: Sè essere prontissimi a fare tutto quello che si chiedeva da loro, purché avessero potuto prima conchiudere una tregua di trent’anni coi Lacedemoni, e purché si affidasse ad essi il supremo comando sulla metà delle forze confederate. Perchè, quantunque in diritto questo supremo comando spettava lor per intiero, si acquietavano a dimezzarlo (29).
149. In tali termini, adunque, dicono che rispondesse
il senato, nonostante la proibizione fatta agli Argivi
dall’oracolo di stringer patto cogli altri Greci. Ma più che
il timore di Apollo pare che prevalesse in quelli la brama
di conchiudere coi Lacedemoni una tregua di trent’anni,
affinchè la generazione di fanciulli sopravissuta allo
eccidio avesse il tempo di diventare una generazione di
uomini. Dappoichè, se doveva loro mancare il beneficio
di quella tregua, troppo fortemente temevano; che a tutti
i danni sofferti aggiungendosi anche il malanno della
guerra persiana, nissun’altra via ormai restasse loro
possibile fuorché il sottomettersi interamente all’arbitrio dei
Lacedemoni. Alle proposizioni poi messe avanti dal senato
argivo, dicono che fra i legati ellenici, replicassero quei
di Sparta: Che in quanto allo affare della tregua
desiderata con Lacedemone, riferirebbero al popolo. Ma rispetto
all’altro punto, del supremo comando delle forze alleate,
avevano già espresso mandato di subito rispondere e
dichiarare: Che gli Argivi avendo un solo re, e gli Spartani
invece possedendone due, non era conveniente che nè
l’uno nè l’altro potesse esser lasciato in isciopero in
prazia altrui. Il che però non toglieva che, nei comuni
consigli, non fosse concessa al re d’Argo una voce uguale