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ratori, se li trovavano ancora vivi. Ma avendoli in effetto trovati vivi, e condotti (secondo l’ordiDe ricevuto) alla presenza del re; questi, dopo avere domandato agli spioni greci il motivo della venuta, comandb ai detti satelliti di menarli intorno a vedere tutto l’esercito persiano, a piedi e a cavallo: quando poi fossero stati sazi dello spettacolo, dovevano lasciarli andar sani e salvi dove loro piacesse meglio.
147. Serse quindi giustificava col seguente discorso la ragione del suo operato; che se quegli spioni morivano, né i Greci avrebbero mai saputo di quanto sovrastava alla fama la sua potenza, né d’altra parte un gran danno sarebbe venuto ai nemici colla perdita di tre uomini. I quali, invece, tornandosene a casa, non esser fuori del verosimile che gli Elleni, bene informati da essi degli apparecchi persiani, si risolvessero a sacrificare la libertà, anche prima di cimentarsi a nessuna impresa. l,onde poteva seguire il fortunatissimo caso, di ottenere ciò che si voleva senza gl’incomodi della guerra. I quali sentimenti di Serse avevano una gran convenienza con quelli già da lui espressi in un’altra occasione. Allorché, cioè, trovandosi egli in Abido, scorse alcune navi cariche di grano, che attraversavano l’Ellesponto, dirette alla volta di Egina e del Peloponneso. Onde i consiglieri che lo circuivano, non appena si furono addati che erano navi nemiche, subito si disposero per catturarle; ansiosi aspettando un cenno regio che a tanto li licenziasse. Ma Serse invece domandò loro: Per qual direzione navigassero quelli là. E gli altri avendo risposto: Vanno ai tooi nemici, o signore, portando grano; il re tosto riprese: Ma anche noi ci avviamo alla stessa parte, obbli