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Dopo di ciò egli è evidente, che la deposizione di un cristiano principe dipendeva da una causa, la decisione della quale appartiene al foro della Chiesa; perciocchè alla Chiesa s’appartiene il decidere della fede, e il ritenere o il rigettare dal suo seno i fedeli di ogni condizione; e oltracciò, essendo stata la Chiesa quella che, divenuta madre comune, aveva con una convenzione di amore ravvicinati e raggiunti i principi ai popoli, e dato al mondo lo spettacolo nuovo e commovente che quelli e questi si stringessero fraternamente le destre; conveniva che ella sola la Chiesa, depositaria del sacro patto, ne fosse altresì l’interprete, e nel caso di violazione, prima che le parti rivendicassero per via di fatto i violati diritti, ella ne dichiarasse la violazione.
Prima che queste cristiane convenzioni fra i popoli e i loro capi fossero strette; la sovranità era, come dicevamo, assoluta di diritto divino1; perocchè i fatti appartengono al diritto divino, come quelli che sono ordinati dalla Providenza: in quello stato la Chiesa non riconobbe mai il caso possibile che i sudditi cristiani si sottraessero dall’ubbidienza del loro sovrano. Ma quando i sovrani stessi, porgendo l’orecchio alle voci della equità e della carità, nobilitarono le loro corone, le fecero brillare di una luce celeste col sottometterle al Vangelo, e col volere che dai principî del Vangelo dipendessero; quando essi amarono di essere, anzichè i padroni di uomini schiavi, i ministri e i vicarî di Gesù Cristo per lo bene di uomini liberi; quando essi promisero, giurarono di voler esser tali, e si posero da sè stessi nella felice necessità di essere figliuoli riverenti alla Chiesa di Gesù Cristo; allora la sovranità divenne per così dire «di diritto umano-ecclesiastico,» e la Chiesa riconobbe darsi il caso, in cui i sudditi potessero venire sciolti da’ loro giuramenti di fedeltà.
Ma come una tale trasmutazione nella società non avvenne di tratto, ma insensibilmente, come dicevamo, e senza che occhio umano, per così dire, se n’accorgesse; ed offerendosi alla Chiesa l’occasione di pronunciare un sì rilevante giudizio per la prima volta al lampo di Gregorio vii; non è a stupire, se il passo di questo S. Pontefice sembrasse a molti cosa nuova, e di questa novità prendessero cagione di calunniarlo. Quelli però che lo calunniarono allora, n’avevano ben donde; e la Chiesa avea esercitato assai prima una giurisdizione che dipendeva dagli stessi principî di diritto pubblico cristiano, senza trovare la minima opposizione, senza che nessuno se ne fos-
- ↑ S’intenda in sano modo, e in quel senso che S. Paolo disse: Omnis potestas a Deo, e S. Pietro: Subditi estote omnis humanae creaturae propter Deum. Per questo S. Tommaso insegna espressamente, che è contro il diritto divino il sottrarsi dalla soggezione di un principe infedele. — Est ergo contra jus divinum possidere quod ejus judicio non stetur, si sit infidelis. (Expos. in Ep. I. ad Cor. c. vi.) Ma all’incontro, se il principe è cristiano, riconosce il Santo Dottore darsi il caso, in cui i sudditi possano essere sciolti dal giuramento di fedeltà per l’autorità della Chiesa — Et ideo quam cito aliquis per sententiam denuntiatur excommunicatus propter apostasiam a fide, ipso facto ejus subditi sunt absoluti a dominio ejus et juramento fidelitatis, quo ei teneantur. (S II, II, xiii, 2).
tolico facendosi eretico sia immantinente decaduto dal suo trono, risulta e nasce dalla stessa costituzione della Chiesa fatta da Gesù Cristo, e non puramente da una convenzione espressa, o sottintesa, stretta fra i principi e i popoli cristiani colla mediazione della Chiesa (s. ii. II, xiii, 2). Egli è però certo, che fino che questa convenzione di fatto non fu seguita, fino che la dottrina cioè non è stata consentita e ricevuta per buona e giusta non meno dell’opinione de’ popoli che da quella de’ principi, non era venuto ancora il tempo nel quale i Capi detta Chiesa potessero esercitare questo loro diritto sui fedeli cristiani; il che non hanno considerato bastevolmente coloro, che si maravigliavano del non trovare ne’ primi secoli della Chiesa l’uso di questa potestà, e di ciò inferiscono ch’ella sia abusiva. Prima la Chiesa dovea operare la riforma dell’individuo umano, poi dovea riformare la società: riformata questa, poteva applicare alla medesima le leggi volute dal Cristianesimo.