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dietro dal suo corso, e al nostro meridiano si ravvicini; tuttavia egli non riviene così sollecito, che valga ad impedire i rigori maggiori della stagione, i quali cadono quando egli ha già dato la volta; ma per istranezze di freddi e di geli egli non è men vero che il sole è rivolto dal suo cammino, e che ritorna di sopra al nostro capo. Aspettiamolo: giungerà un dì, in cui egli squaglierà i geli, e ravviverà con benefico calore tutta l’intirizzita e isterilita natura.
92. Una osservazione però su quella parte di risoluzione del Concilio romano e di Gregorio, che fu occasione di tante dicerie e di tante calunnie contro la sede apostolica, cioè la soluzione del giuramento di fedeltà accordata a’ sudditi del re Enrico, non sarà qui inutile: e l’osservazione è questa.
La Providenza divina, noi abbiamo detto, coll’aver fatto entrare nella Chiesa le ricchezze e il potere del secolo (ciò che cominciò dalla conversione degl’imperatori romani, ma principalmente dalle invasioni de’ barbari che distrussero il romano impero e fondarono i regni moderni) ebbe in mira di santificare la società dopo aver santificato l’uomo, e di far entrare i principî del Vangelo nelle leggi e ne’ visceri dell’ordine pubblico. Se questa influenza benefica della religione si vide tosto a manifesti segni in una maggior giustizia ed equità che presiedette a’ vari rami di pubblica amministrazione, in ultimo si conobbe aver essa esercitata altresì un’azione potente e perseverante sulla stessa natura del potere supremo, ed aver finalmente cangiato l’indole di quel potere. Ma questa mutazione era stata operata così sapientemente, così a gradi, con tanta soavità, che la natura del supremo potere politico fu mutata prima che nessuno si fosse avveduto di ciò che il Vangelo tacitamente operava: e rimase dopo il fatto una ricerca assai sottile e difficile, quella di assegnare il modo e i gradi pe’ quali la religione del Cristo condusse ad effetto questo importantissimo tramutamento. In somma la monarchia pagana, o, se si vuole, dirò anzi la monarchia naturale, era assoluta; e il cristianesimo la rese costituzionale. Nessuno si offenda di questa parola: convengo pienamente, che ne’ tempi moderni ella fu profanata, ma ove mi si lasci esporre intero il mio pensiero, prima di giudicarlo; si troverà esser esso bene straniero a tante questioni pericolose, che si sollevano in questi tempi, ne’ quali si vuole il bene senza averlo distintamente conosciuto. Un ministro di Stato, un celebre scrittore in cui non può cadere alcun sospetto di favoreggiare l’insubordinazione de’ popoli scriveva, che «i Papi avevano educato la moderna monarchia d’Europa,» e che «la natura di questa monarchia, e ciò che l’innalzava tanto sopra i reggimenti de’ tempi antichi, era una legge fondamentale che ella avea ricevuto, cioè l’avere i monarchi, mossi da quello spirito di giustizia e di amore che infonde negli uomini il Vangelo, rimesso il diritto di punire ad appositi tribunali.» Così questo notissimo scrittore, che diceva anche egregiamente, non potersi formare una costituzione politica dalle mani degli uomini, riconosceva però, che la monarchia, col rendersi cristiana, avea ricevuto delle leggi fondamentali. Dopo di ciò, ognuno può vedere, che quando io parlo di costituzione, intendo qualche cosa di ben differente da tutto ciò che i partiti tentano a gara d’imporre ad un popolo e ad un regnante, differente dalle teorie di uomini ingegnosi e benevoli: io non intendo una costituzione formata dall’uomo; ma nata da sè stessa coll’opera de’ secoli e colla virtù misteriosa delle circostanze, il che è quanto dire una costituzione fatta da Dio: io intendo una costituzione che è l’effetto spontaneo di una dottrina resa comune per la sua potente evidenza, e che dopo aver soggiogata la persuasione de’ monarchi e dei soggetti, li ha fatti operare altresì d’accordo secondo i dettami. Ora io sostengo, che questa dottrina, ferma, invariabile, che meritò la fede di tutti quanti compongono la società europea, fu il Vangelo: e che la persuasione de’ monarchi e de’ popoli legata a quella dottrina, porta questa conseguenza, che il loro operare «cessò di essere arbitrario, cominciò ad aver principî immutabili:» questo è lo