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Se Incmaro avesse operato per ambizione o per interesse, una tale risposta, colla quale si vedea minacciato di perdere la grazia sovrana, l’avrebbe indubitatamente fatto piegare: ma l’uomo che opera per coscienza non si piega; non è capace il principe di farsi tradire da costui, perocchè la fedeltà, che questi ha verso il principe, è fondata nella fedeltà che ha verso Dio; ella non è una fedeltà d’interesse, ma una fedeltà di dovere. Incmaro in fatti liberamente rispose: e quanto al rimprovero di mancamento di rispetto e di ubbidienza, si contentò di dare una mentita solenne al segretario che scrisse la lettera del re. Circa il resto poi aggiunse: Rispetto a ciò che dite, che voi farete, se necessità il voglia, quel che richiederà la ragione, veggo io bene che questo si dice per intimorirmi; ma voi non avete altra possanza, fuor quella che viene dall’alto: e piaccia pure a Dio, o per mezzo vostro, o per mezzo di chi gli aggrada, liberarmi da questa prigione; voglio dire da questo corpo vecchio ed infermo, per appellarmi a lui; che desidero di vedere con tutto il cuor mio; non perchè io lo meriti, che non merito altro che male, ma per sua grazia gratuita. Che s’io peccai acconsentendo alla vostra elezione, contra la volontà e minaccie di molti, prego il Signore che voi me ne diate il castigo in questa vita, affine di non soggiacervi nell’altra. E poichè vi sta tanto a cuore la elezione di Odoacre, mandatemi a dire in qual tempo i Vescovi della Provincia di Reims, con quelli che furono a voi deputati dal Concilio di Fismes, si potranno raccogliere. Io mi ci farò portare, se sarò ancora in vita. Mandate ancora Odoacre, con quelli che l’hanno eletto, sieno essi del palagio o della Chiesa di Beauvais; venite ancor voi, se vi piace: o vengano de’ commissari per voi; e si vedrà se Odoacre sia entrato nell’ovile per la porta. Ma sappia Egli; che se non viene, lo manderemo a cercare in qual siasi luogo si trovi nella provincia di Reims, e sarà da noi giudicato come usurpatore di una Chiesa, per modo che non farà mai più niuna ecclesiastica funzione in niun luogo di questa provincia; e tutti coloro che avranno avuto parte nella sua colpa, saranno scomunicati, sino a tanto che non soddisfacciano alla Chiesa.»

Parole così splendide, così degne de’ Vescovi de’ primi secoli non trattennero la prepotenza: i cortigiani, i quali fanno a gara a cui riesca di parlare parole più lusinghevoli negli orecchi del loro signore, e di mostrarglisi più devoti, trassero Luigi iii a impiegare la forza: l’intrusione di Odoacre fu consumata, armata mano: l’infelice Chiesa di Beauvais sostenne questo mercenario; non lo scrisse però nel catalogo de’ suoi pastori: un anno dopo, scomunicato per questo ed altri delitti, fu deposto, essendo già Luigi iii disceso nel sepolcro a render conto al divino giudice di sua condotta1.

79. Ciò che avea reso immensamente più facile l’impresa d’impadronirsi

  1. Tutti quelli, ai quali il nome di una Providenza che regola le cose umane, suona qualche cosa, e che pur credono che nulla avvenga senza una sapiente dispensazione della medesima, non potranno a meno di riflettere sulla coincidenza della morte di questo giovine principe Luigi iii colla ammonizione che gli faceva il prelato di Reims nell’affare del Vescovato di Beauvais. Questi, nella lettera che rispose al Re fermo in volere Vescovo Odoacre a dispetto delle leggi canoniche, dice fra l’altre cose: «Che se voi non cambiate quel che faceste di male, Dio lo raddrizzerà quando a lui piacerà. L’imperatore Luigi non visse tanto quanto Carlo suo padre, vostro avo Carlo non visse quanto il suo, nè vostro padre quanto il suo. E quando voi siete a Compiégne in loro cambio, abbassate gli occhi; guardate dov’è il padre vostro, e chiedete dov’è sotterrato il vostro avolo; e non v’innalzate dinanzi a colui che è morto per voi, e risuscitato, e che più non muore. Voi partirete presto di qua; ma la Chiesa co’ suoi Pastori, sotto Gesù Cristo loro Capo, durerà eternamente, secondo la sua promessa.» Il Fleury, che non è certamente uno storico credulo, dopo riferite queste parole del degno Arcivescovo, soggiugne: «questa minaccia d’Incmaro potea stimarsi per una profezia, quando si vide morire questo giovane re Luigi nel seguente anno.» (Lib. liii, § xxxii).

Rosmini - Cinque Piaghe.8