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vrana; imperocchè in tal caso la Chiesa libera per grazia, è serva per giustizia1; e la grazia di sua natura è arbitraria; sicchè l’avere o non avere la Chiesa i pastori più degni, sarebbe abbandonato al volere e al capriccio medesimo di persona laica perchè possente, e di quelli e quelle che più acquistino su di essa influenza.

E così si vide avvenire; e non solo fu grazia l’assenso, ma fu una grazia anche il comando; e finalmente fu una grazia venduta e si volle vender ben caro; e i beni della Chiesa2, l’avvilimento, l’anima fu la moneta destinata a comperarla3.

Questo pericolo diede cagione al Concilio iii di Parigi tenuto quattro anni dopo l’Orleanese, cioè nel 553, di rimettere in istato con un canone l’antica libertà delle elezioni, senza far più menzione di regio consenso.

«Nessuno Vescovo, dice il canone 8° di questo sinodo, sia ordinato contro la volontà de’ cittadini, ma solo quegli che l’elezione del popolo e de’ cherici ha con pienissima volonta’ dimandato. Nessuno venga intruso per comando del principe, o per qualsivoglia condizione, contro la volontà del Metropolitano, e de’ Vescovi comprovinciali. Che se taluno presunse con eccesso di temerità d’invadere per ordine del re l’altezza di questo onore, sia riputato indegno d’essere riavuto dai Comprovinciali di quel luogo, i quali lo riguardino per indebitamente ordinato.»

In sulla fine di questo medesimo secolo vi, il grande Pontefice S. Gregorio sentiva tutta l’importanza della libertà della Chiesa, e d’altra parte ben intendeva che i Vescovi che hanno ricevuto il loro innalzamento dalla potenza secolare; sono servi di essa. In occasione della morte di Natale Vescovo di Salona, metropoli della Dalmazia, scrivea il Papa in questo modo al soddiacono Antonino rettore del patrimonio di quella provincia l’anno 593: «Avvertite immediatamente il Clero ed il popolo della città, di eleggere concordi un Vescovo, e mandateci il decreto della elezione affine che il Vescovo sia ordinato col nostro assenso, come negli antichi tempi. Sopra tutto abbiate cura, che in tale opera non entrino nè regali, nè protezione di persone po-

  1. L’adulazione e la vanità inventano queste espressioni, e son prima senza valore, ma passano ben presto ad acquistarne uno troppo reale. È strano il non accorgersi che in questo modo non si concilia ai Sovrani quel vero e costante rispetto che loro si dee, ma si usa un linguaggio che diventa in un tempo o nell’altro satirico. Per vero egli sembra un discorso ironico e mordace quello di uno scrittore del secolo scorso, per altro assai erudito, il quale essendo stato censurato per aver detto di questo tempo di cui parliamo, che era «un beneficio del re che il Clero godesse la libertà dell’eleggere, e che il re era l’arbitro e il giudice dell’elezione» (quasichè queste due cose possano stare insieme); si difende col dire che per beneficio regio intende l’avere i re cessato dall’usurpazione. Non sarebbe questo uno dei beneficii dei ladroni i quali donano la vita? Ecco le parole dello scrittore per altro sinceramente divoto alla laica potestà: Jus eligendi penes Clerum erat. Sed quia saepe reges electionum usum interturbaverant, assensum in merum imperium venere soliti, Ecclesia Gallicana his qui veterem electionum usum restituerant, ut Ludovico Pio, plurimum se debere profitebatur. Eorum certe beneficiorum erat asserta et vindicata sacrarum electionum libertas etc. N. Alex. ad calcem Dissert. vi in saec. xv et xvi.
  2. S. Gregorio di Tour scriveva (anno 527) Jam tunc germen illud iniquum caeperat fructificare ut sacerdotium aut venderetur a regibus aut compararetur a Clericis; le quali parole scrive il Santo dopo aver recati più fatti di Cherici che avevano ottenute le sedi episcopali dai re non per virtù pastorale che avessero, ma per la virtù dei danari.
  3. I re Goti usurparonsi la nomina dello stesso sommo Pontefice, turbandone la canonica elezione. Cacciati questi d’Italia, Giustiniano tenne per sè il diritto di confermare i Pontefici; i successori di lui esigettero una grossa somma di danaro dal nuovo Papa per la grazia di questa conferma, la qual somma fu pagata fino a Costantino Pogonato, che ascese al trono l’anno 668.