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sto, che per l’ignoranza degli uomini entra nello menti una torta opinione, che le ricchezze della chiesa formino una cosa sola colla chiesa e colla cristiana Religione. Il clero stesso ebbe pur troppo fomentato questo pregiudizio. Perciocchè non avendo egli altro modo di difendere i suoi beni temporali dagli aggressori che il privar questi de’ beni spirituali; agli spogliatori della chiesa egli rese il delitto del sacrilego ladroneccio indivisibile dalla rinunzia alla religione. Quindi que’ principi che furono deliberati ad ogni costo di spogliare il clero, si deliberarono insieme a dividersi per intiero dalla santa chiesa. Certo è che se il clero è avveduto, egli dee procedere in un modo più cauto ne’ nostri tempi. Colle scomuniche annesse al rapimento delle sostanze ecclesiastiche si rendeva quel delitto maggiore; perocchè è maggior delitto il rapire e incontrare insieme ad occhi aperti la recisione di sè dalla chiesa, di quello che sia il solo rapire. E un delitto maggiore, una maggiore empietà, è più difficile che si trovi chi la commetta in popoli religiosi, dove ancor vive la fede, dove non è che un grado limitato di malizia: di che, per certi tempi e in certi luoghi, le scomuniche poterono difendere le ricchezze della chiesa1. Ma nei tempi d’incredulità, come pure ovunque la passione e il grado della perversità è trapassato e sa bravare qualunque delitto; la scomunica non raffrena gli scellerati, ma gl’incita e gli provoca a passare via oltre i termini nella loro stessa scelleraggine. Forse che in certe nazioni si avrebbe salvato il cattolicismo dal suo naufragio, sgravandolo a tempo dalle ricchezze mal usate, che il facevano pericolare; a quel modo che si alleggerisce una nave in furiosa tempesta, col gitto in mare delle cose anche più preziose e più care, acciocchè si salvi il legno colle vite de’ naviganti. Forse che abbandonando in tempo opportuno ad un Gustavo Vasa, ad un Federico I, e ad un Arrigo VIII le immense ricchezze che la chiesa possedeva in Isvezia, in Danimarca e in Inghilterra o parte di esse; il clero povero di quelle nazioni le avrebbe salvate salvando sè stesso, ed avrebbe risuscitata la fede con que’ mezzi appunto co’ quali gli Apostoli l’aveano piantata! Ma in che parte troveremo un clero immensamente ricco, che abbia il coraggio di farsi povero? o che pur solo abbia il lume dell’intelletto non appannato a vedere che è scoccata l’ora in cui l’impoverire la chiesa è un salvarla? Ah ma forse che l’esperienza lunga e funesta.... forse che il grido generoso di libertà mandato poco fa da un uomo, che, qualsiasi l’opinione che sott’altri rispetti s’abbia di lui, pure è dominato da un gran pensiero, che il solleva sopra tutte le particolarità, e un sentimento cattolico che ha qualche cosa di straordinario, si trasfonde in tutte le sue parole, non ha percosso l’aria in vano, non ha in vano irritati gli orecchi di quelle scolte che sono poste da Dio alla custodia d’Israello2! — forse quell’inquietudine stessa de’ popoli che nel ma-

  1. Ne’ buoni tempi della Chiesa si andava con assai di riserbo nell’usare le pene canoniche che troncano a dirittura dalla chiesa i colpevoli, per timore di mettere questi alla disperazione. Nel Concilio che S. Cipriano tenne in Cartagine dopo la persecuzione di Decio, l’anno 251, si esaminò la causa di quelli che avevano apostatato dalla fede nella persecuzione, e dopo lungo dibattimento si decise «di non levare in tutto ad essi la speranza della comunione; perchè disperandosi non divenisser peggiori, e veggendosi chiusa in faccia la Chiesa non ritornassero al secolo e alla vita pagana.» Ecco qual riguardo si aveva all’umana infermità.
  2. Si allude alla proposta che un prete fece al Clero di Francia di rinunziare agli stipendi che riceve dal governo, e ricuperare così la propria sua libertà; proposta generosa, e degna de’ primi tempi della Chiesa. Ella rammenta la libertà, di cui tanto era goloso l’Apostolo Paolo, che per non scemarlasi, non voleva esser mantenuto a spese de’ fedeli, sebben n’avesse il diritto come ogni altro Apostolo; e preferiva di aggiungere alle fatiche immense dell’Apostolato anche il lavoro delle mani, col quale guadagnarsi giornalmente quel poco di che avea bisogno per sostenersi: «Omnia mihi licent diceva, sed ego sub nullius redigar potestate (1 Cor. vi, 12). Sentimenti così nobili