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un figlio e suddito della Chiesa1, da cui egli ha pur ricevuto l’ammaestramento cristiano, e che ha giurato nel battesimo di mantenerlo; di un figlio e di un suddito, che può essere avvertito, ripreso, punito come qualsivoglia fedele fra il popolo; conciossiacchè la Chiesa non ha eccettuazion di persone, e gli uomini sono veramente eguali in faccia alla legge di Gesù Cristo. Finalmente ne’ progressi del secolo si giunse a organizzare un nuovo ramo di Polizia esclusivamente per gli ecclesiastici; e fu una polizia la più minuziosa, la più inquieta, la più petulante, sotto le punture innumerabili della quale il Clero cattolico rimane martirizzato col supplizio di que’ primi cristiani, che coperti di miele, ed esposti ai raggi del sole, morivano lentamente di beccature di mosche, di vespe, di tafani. Un sistema di questa fatta non fu però condotto alla perfezione tutto d’un tratto. La vasta sua costruzione fu l’opera lunga, faticosa e dotta de’ legali, di questi sottilissimi adulatori di tutti i governi: ma il pensiero primo e generale di quest’opera della umana prepotenza è suggerito naturalmente alla politica de’ regnatori e de’ governi dalla posizione falsa di un Clero decaduto: egli è uno di que’ pensieri che operano e dominano nell’anime, e nella condotta de’ governanti lungamente prima che nessuno di essi n’abbia formato una massa esplicita, o se n’abbia saputo render conto, e l’abbia ridotto a teoria. Viene più tardi qualche profondo politico, che si appropria quel pensiero; e da quell’ora egli si costituisce in sistema, e prende il nome dal ministro che prima l’ha veduto più chiaramente, e l’ha seguito più costantemente: indi in poi quel sistema si lavora con infaticabile industria, e si conduce con metodo rigoroso a tutti i gradi del suo ultimo sviluppamento. Chi crederebbe che un sistema politico sì rovinoso alla libertà, all’esistenza della Chiesa, noi lo dovessimo ad un prelato? Ad un prelato atteggiato di tutte le apparenze della pietà, ma però ministro di Principe? Ma non sapeva nè pure Richelieu, quando ribassava la nobiltà per render meno impacciato il potere supremo nelle sue mani, ch’egli componeva allora questa monarchia de’ moderni troni, la quale è fatta intollerabile ai popoli che le si ribellano contro, perchè forti; ed è fatta intollerabile ai Cleri che vi succombono sotto, perchè deboli: nè hanno per iscampo altro che il gemito secreto che prega dal cielo un nuovo Mosè, che liberi il popolo di Dio dall’Egitto. Ah lo invii senza indugio alla sua Chiesa oppressata quel Signore che abita nella fiamma di un roveto inconsumabile!

71. Se si considera poi come le ricchezze del Clero non usate in opere di carità doveano renderlo oggetto d’invidia alla plebe, di odî ai nobili che vedono in quelle ricchezze altrettanti beni patrimoniali sottratti alle loro famiglie, e di avida cupidigia ai Sovrani; non sarà difficile riconoscere in esse un fonte amplissimo di disunione nel popolo di Dio. Conviene riflettere oltracciò, che la ricchezza posseduta dal Clero non ha in questo corpo, per sè stesso alieno dalle armi, una forza corrispondente che la protegga; e che qualunque ricchezza grande priva di difesa, finisce presto o tardi coll’essere il pasto di chi è forte, le cui brame sono non poco irritate dall’aspetto di tesori di facile acquisto. Egli è evidente che tutti gli spogli dalla Chiesa tante volte ripetuti nelle varie età, ebbero questa sommaria cagione, o per dir meglio questa occasione della debolezza de’ possessori. Ciò ne spiega perchè non così di frequente furono spogliati i nobili come i cherici: quelli furono trovati bene spesso forti: ove però divennero deboli in paragone di altra forza estranea ad essi, questa non mancò mai di piombar su di loro; come ultimamente si vide nella francese rivoluzione, avvenimento men nuovo di quel che il vulgo suol darsi a credere. Ma ciò che è sommamente deplorabile negli spogliamenti del clero si è que-

  1. S. Gregorio Nazianzeno (orat. ad Civ.) Quid vero vos Principes et praefecti, quid igitur dicitis?..... Nam vos quoque potestati meae lex Christi subjecit. Imperium et nos gerimus, adde etiam praestantius. Questa è dottrina della Chiesa cattolica.