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tori ma i Vescovi, ma i Cleri aulici e nazionali nel loro secreto non hanno altro oggetto più odioso, più abbominevole che il loro Padre comune, il Vescovo Romano; perchè egli è l’unico ostacolo che incontrano ancora in sulla via della dispersione, per la quale si sono messi per ignoranza, per infermità, per pregiudizio, per corruzione, per indiavolata malizia; via, dico che conduce all’apostasia, alla vendita di Cristo, alla disperazione di Giuda; ed essi nulla pur ne comprendono! In tante sciagure della Sposa del Redentore, i fedeli discepoli del tradito Maestro non avrebbero conforto alcuno, se prima di essere crocefisso non avesse loro lasciata questa parola: «Tu sei pietra, e sopra questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei (Matt. xvi, 18).»

70. Un altro deplorabile effetto di questa falsa posizione de’ Vescovi, che più e più li divise fra loro, si fu la gelosia de’ Sovrani verso di essi. Divenuti i prelati altrettanti signori temporali, subirono le gelosie e le vicende stesse della nobiltà; e quando questa fu temuta, o guerreggiata dal Supremo potere, furon temuti o guerreggiati ancora i Vescovi, e questi anche più de’ nobili. Quindi vennero altresì sopravvegliati, circoscritti sempre più nelle loro operazioni, vincolati in tutti i loro passi, chiusi e assediati come prigioni non solo dentro lo Stato, ma nelle stesse loro Diocesi. Così già furono divisi fra loro per massima di Stato, impediti dall’andare a’ Concilî o dal congregarne essi stessi, sottomessi a infinite umiliazioni; ben presto il loro potere politico cadde con quello de’ nobili; ma più deboli de’ nobili, furono più agevolmente di essi spogliati delle loro signorie, invidiate loro d’altra parte da’ nobili stessi; e per colmo di loro avvilimento, stipendiati: dal centro dell’unità cristiana, non se ne parla, tenuti lontani un milione di miglia; veduta di buon occhio ogni dissensione fra i Vescovi e il capo loro; seminata la zizzania; lodata, spalleggiata sotto mano, premiata la ribellione. Allora pertanto il Papa, questo Padre de’ Padri, questo giudice supremo della fede, questo maestro universale dei Cristiani, non potè più egli stesso comunicare liberamente co’ suoi confratelli e coi suoi figliuoli, con quelli che sono da Cristo incaricati di governar la Chiesa con lui e sotto di lui; non potè correggerli, chiamarli al suo tribunale, nè i suoi figliuoli poterono a lui ricorrere patendo ingiustizia1; le sue decisioni in materia di fede, le sue sentenze in materia di costumi, dovettero prima di pubblicarsi esser sottoposte ad un tribunale laico, che pretese d’innalzarsi sopra ogni tribunale ecclesiastico, anzi che dico a un tribunale? sì bene al calcolo della politica di un principe non turco, nè ebreo, ma battezzato, cioè di

  1. Essendosi agli ecclesiastici aggiunti molti beni temporali pretese il Sovrano d’esserne egli il dispensatore, egli ne volle dare il possesso al Prelato, che li riceveva dal re come un dono, secondo la frase che si trova nelle formole delle Investiture de’ secoli di mezzo. Ora il re con questa occasione esigeva dal nuovo prelato un giuramento, nel quale gli faceva promettere tutto ciò che volesse. Eadmero (Lib. ii. Histor. Novorum) racconta, che fra le altre belle cose, che Guglielmo ii re d’Inghilterra faceva giurare a’ nuovi prelati, v’era questa, che non appellerebbero al sommo Pontefice, nè anderebbero a Roma senza licenza del Re. L’appellazione de’ Cristiani tutti al supremo Gerarca è una libertà di diritto divino, che esce dalla intrinseca costituzione della Chiesa; l’oppugnarla è un tentativo di distrugger la Chiesa. Se v’entrano abusi, questi conviene perseguire ad emendare; ma non torre le appellazioni stesse. Medesimamente, ogni Cristiano dee potere liberamente recarsi appresso il Padre comune, il Romano Pontefice: tali sono le Libertà del Cristianesimo. Le provvidenze de’ governanti non debbono distruggere queste libertà; ma difenderle; ed è un difenderle l’impedire che col pretesto di esse si operi il male. Ma egli è egualmente vero; che col pretesto di levar l’abuso annesso all’uso di questa libertà, i principi recarono il dispotismo temporale nella Chiesa, e misero la forza bruta; dove dee solo trovarsi la forza morale, e cercarono l’impunità alle loro scelleratezze.