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ALCUNE PAROLE PRELIMINARI NECESSARIE A LEGGERSI










1. Trovandomi in una villa del Padovano, io posi mano a scrivere questo libro, a sfogo dell’animo mio addolorato; e fors’anco a conforto altrui.

Esitai prima di farlo; perciocchè meco medesimo mi proponea la questione: «Sta egli bene, che un uomo senza giurisdizione componga un trattato sui mali della santa Chiesa? O non ha egli forse alcuna cosa di temerario a pur occuparne il pensiero, non che a scriverne, quando ogni sollecitudine della Chiesa di Dio appartiene di diritto a’ Pastori della medesima? E il rilevarne le piaghe non è forse un mancare di rispetto agli stessi Pastori, quasichè essi o non conoscessero tali piaghe, o non ponessero loro rimedio?»

A questa questione io mi rispondevo, che il meditare sui mali della Chiesa, anche a un laico non potea essere riprovevole, ove a ciò fare sia mosso dal vivo zelo del bene di essa, e della gloria di Dio; e parevami, esaminando me stesso, per quanto uomo si può assicurare di sè, che non d’altro fonte procedessero tutte le mie meditazioni. Rispondevano ancora, che se nulla v’avea di buono in esse meditazioni, non era cagion di celarlo; e se qualche cosa v’avea di non buono, ciò sarebbe stato rigettato da’ Pastori della Chiesa: che io non pronunciavo con intenzione di decidere cosa alcuna, ma che intendevo anzi, esponendo i miei pensieri, di sottometterli ai Pastori stessi, e principalmente al Sommo Pontefice, i cui venerati oracoli mi saranno sempre norma diritta e sicura, alla quale ragguagliare e correggere ogni mia opinione: che i Pastori della Chiesa, da molti negozii occupati e aggravati, non hanno sempre tutto il comodo di dedicarsi a tranquille meditazioni; e che essi stessi sogliono desiderare, che altri venga lor proponendo e suggerendo quelle riflessioni, che potessero giovar loro nel governo delle loro Chiese particolari e della universale: e finalmente mi si presentavano innanzi agli occhi gli esempii di tanti santi uomini che in ogni secolo fiorirono nella Chiesa, i quali, senza