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come cose che venivano riferite da tali che erano stati testimonî oculari del Verbo, e della parola della vita. Vero è che per la misericordia di Dio io ascoltavo tutte queste cose con istudio e con ardore, e che le scolpivo non sulle tavolette; ma sì nel più profondo del mio cuore; e Dio m’ha fatto sempre grazia di ricordarmele, e di riandarle nell’animo mio1».

26. Tale era la maniera di educazione del Clero, efficace e sapiente, per la quale i grandi Vescovi s’allevavano da sè stessi il proprio Clero; il quale riusciva in tal modo un assembramento di grandi uomini, cioè grandemente consapevoli del proprio carattere, e pieni, per cosi esprimermi, del sacerdozio. Non è a dire quanto ella metteva di unione fra il supremo Pastore e il resto degli ecclesiastici suoi discepoli, suoi figliuoli! Le espressioni di alto e basso Clero erano allora inaudite; non furono pronunciate che assai più tardi. E questa unicità di scienza, questa comunicazione di santità, questa consuetudine di vita, questa scambievolezza di amore, per la quale il Vescovo antico trasfondeva nel suo giovane Clero e rinnovava sè stesso maestro, pastore, padre, non è a dire che ordine armonioso, ammirabile cagionasse nel governo della Chiesa, qual dignità aggiungesse al sacerdozio, a questo corpo così uno e compatto, e qual forza salutare sopra i popoli. Scelto ed educato così, anche un Clero scarso suppliva ampiamente a’ bisogni delle chiese; e il grado di semplice Sacerdote rendevasi tanto venerabile ed alto, che non s’avea alcuno, per quanto grande fosse nel secolo, a cui non paresse d’essere altamente onorato, venendovisi ascritto; ed era oggetto di attenzione ai popoli ed alle chiese colui che al presbiterato venisse dal proprio Vescovo destinato2: la quale veneranda dignità del presbiterato faceva poi risplendere maggiormente quella dell’Episcopato, che sopra una sì ampia base erigevasi; e il Sacerdote al Vescovo trovavasi per tal modo intieramente, di pieno affetto, e quasi direi per natura soggetto3.

  1. Questo brano di una lettera che il santo Vescovo scrisse a Florino per ritrarlo dai suoi errori, è riferita da Eusebio nell’Istor. Eccl. L. V, c. xx.
  2. Per conoscere quanta importanza si dava al grado di semplice Prete, basta ricordarsi delle parole colle quali i Martiri di Lione s’esprimono nella lettera a Papa Eleuterio. Perciocchè essendo stato incaricato di questa ambasciata S. Ireneo, allora semplice prete, in questo modo lo commendano al Papa in detta lettera con cui l’accompagnavano: «Noi vi supplichiamo di considerarlo come un uomo pieno al tutto di zelo per lo testimonio di Gesù Cristo. Egli è per questo titolo, che noi ve lo raccomandiamo. Che se noi credessimo che il grado e la dignità potessero dare giustizia e virtù, noi ve l’avremmo commendato più tosto come prete della Chiesa: imperciocchè egli è tale» (Euseb. L. V, c. 3). Ognuno vede che questo non sarebbe lo stile col quale si accompagnerebbe al Papa un prete ne’ nostri tempi! Pel rispetto poi all’interesse che prendevano i popoli e le Chiese all’ordinazione di un nuovo sacerdote, basterà ricordarsi de’ rumori eccitati all’occasione che i più celebri Vescovi della Palestina, fra gli altri Teotisto di Cesarea, e S. Alessandro di Gerusalemme, ordinarono Sacerdote il grande Origene: i quali rumori S. Girolamo attribuisce alla gelosia di Demetrio Vescovo di Alessandria. L’ordinarsi prete ne’ nostri tempi non sarebbe certamente soggetto di tanta gelosia e di tanta commozione!
  3. Nelle lettere di S. Ignazio a diverse chiese si vede commendata singolarmente questa unità e sommessione del popolo e Clero al loro Vescovo. In quella a’ Tralliani, Jodali della sommessione perfetta a Polibio loro Vescovo, di cui fa l’elogio: dice di lui che «specchio di quella carità che regna ne’ suoi discepoli; il suo solo esteriore essere una grande istruzione: la sua somma dolcezza essere la sua forza, di guisa che era difficile agli empj stessi il non rispettarlo». Scrivendo poi alla Chiesa di Magnesia, dà a que’ preti una special lode per essere tanto sommessi «al loro Vescovo Damaso, sebbene in età assai giovane». Nella lettera agli Efesini, dopo levato a cielo quel santo Vescovo Onesimo, li commenda altamente perchè «tutti erano strettamente uniti a lui, e massime il presbiterio (πρεσβυτεριον), cioè il clero, e perchè la grazia li faceva concorrere in Gesù Cristo con perfetto accordo a’ preti ed al Vescovo, rompendo insieme uno stesso pane, che qual rimedio salutare ci dà l’immortalità e ci preserva dalla morte».