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della difficoltà in ricevere, che è connaturale alla Chiesa, diventa ad essa impossibile a praticarsi, quando i suoi beni non sono più liberi in sue mani, ma servi del laicale potere.
159. Nè solo in questo la Chiesa si mostrava d’indole eccelsa, ma ben anco «in amare che la dispensazione de’ suoi beni apparisse agli occhi del pubblico,» che è la sesta massima che ella poneva in atto ne’ primi tempi. — Abbiam veduto che gli antichi Vescovi conferivano ogni cosa col loro popolo, e col loro Clero, questo facevano anche per ciò che riguardava i beni temporali. Oltracciò, i Sacerdoti e Diaconi che gli amministravano doveano avere il suffragio della plebe cristiana, secondo la tradizione apostolica1: esser persone a lei note, di piena sua confidenza. Con che delicato riserbo non propone San Paolo a que’ di Corinto ch’essi stessi eleggano quelli che dovessero portare le loro elemosine ai cristiani bisognosi di Gerusalemme! «Ogni domenica ciascuno metta da parte quello che stima, acciocchè quand’io sarò venuto non si facciano le collette. E quando sarò presente, allora manderò quelli che voi avrete stimati degni con lettere, a portare le vostre grazie a Gerusalemme. E se sarà conveniente che vada anch’io, verranno meco (I Cor. xvi. 24)». Egli era Vescovo e Apostolo; aveva tutto il potere: tuttavia non vuole egli stesso eleggere i portatori di quelle elemosine, ne lascia al popolo la scelta; omnia mihi licent, sed non omnia expediunt (Ibid. vi. 12). Avrebbero forse dubitato della fedeltà dell’Apostolo? No; ma non basta: in punto di temporali interessi, l’uomo santo s’astiene il più che può dall’ingerirsene: riserba il suo potere apostolico per le sole cose necessarie, del resto lascia libera la plebe: è naturale e giusta soddisfazione a questa, che possa fare anch’essa alcuna cosa, che vegga co’ suoi occhi, che adoperi il suo giudizio, che s’interessi nel bene, vi ponga la mano ella stessa. Così S. Giovanni Grisostomo non temeva di offerirsi al suo popolo, di rendergli ragione dell’uso che faceva de’ redditi della Chiesa: Sumus etiam parati vobis reddere rationem (in Ep.
- ↑ Si consideri l’elezione de’ primi Diaconi. Gli Apostoli convocano la moltitudine de’ discepoli, e la parlan così: Considerate ergo, fratres, viros ex vobis boni testimonii septem, plenos Spiritu Sancto et sapientia, quos constituamus super hoc opus (Act, vi, 2). Lasciano che la moltitudine gli sciolga, secondo il suo buon giudizio (Considerate ergo fratres.): a sè stessi non riserbano che la conferma e l’ordinazione. Era un usare il meno possibile della pienezza della potestà che avean da Cristo. Qual divina prudenza! Tale dovrebbe esser la norma di tutti i Prelati.
beni eccedenti tali bisogni, ovvero non applicandosi più all’opere antiche della beneficenza, egli è ragione che paghino come tutti gli altri; e ad ogni modo questo è il partito più decoroso, e più utile per la stessa Chiesa.
A render valide le alienazioni de’ beni ecclesiastici si moltiplicarono le formalità, sopra quelle richieste a convalidare le alienazioni de’ beni privati; e fra l’altre disposizioni si prolungarono gli anni della prescrizione: all’opposto alla validità d’un testamento in favore della Chiesa si diminuirono le formalità richieste per tutti gli altri testamenti: fu egli giusto? Considerate queste disposizioni come armi di difesa contro le frodi che abbondavano a usurpare quel della Chiesa assai più a usurpare quel de’ poveri, esse non si possono riprendere. Considerate sotto un altro aspetto, alcune di tali disposizioni meritano altresì lode di giustizia, in quanto cioè emendavano le leggi civili, e preparavano la via a leggi più eque, di cui avrebbero un tempo goduto egualmente tutti i cittadini. Così le formalità richieste dalle leggi romane per validità di un testamento erano, o certo eran divenute, eccessive. La Chiesa se ne richiamò per conto delle sostanze ecclesiastiche, e così mostrò la via alla riforma della legislazione in tal punto, e accrebbe con ciò la libertà di testare a tutti. Or poi, corretta la legislazione, egli è desiderabile che la Chiesa fra le nazioni incivilite non sia favorita d’alcun privilegio che migliori la sua condizione nell’ordine temporale; bastandole che le si lasci quel privilegio, o per meglio dire quel diritto sacro e inviolabile ch’ella si ha per natura, la libertà, la piena libertà non solo di ricevere e di amministrare da sè quanto spontaneamente le offeriscono o le hanno già offerto i fedeli, ma altresì di dare, di largheggiare secondo quello spirito di carità che l’anima e la informa.