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152. La quarta massima regolatrice de’ beni ecclesiastici, e impeditrice che essi nocessero all’integrità del Clero, si era che «non solo que’ beni dovessero adoperarsi in usi pii e caritatevoli: di più, acciocchè s’allontanasse nella loro dispensazione l’arbitrio e la cupidigia, fossero altresì compartiti ad usi fissi e determinati.» — Tostochè s’aumentarono i beni della Chiesa, e incominciarono a divenir gravi gli abusi, benchè accidentali e parziali; la Chiesa provvidamente accorse, e volle che alle sostanze ecclesiastiche si fissassero usi determinati, onde l’antica quadripartizione di esse: una parte pel Vescovo, un’altra pe’ Chierici inferiori, la terza a’ poveri, la quarta alla fabbrica delle Chiese e al mantenimento del culto. I concilii di Agde del 506, e di Orleans del 511 proscrivono questa divisione, riferendosi a disposizioni ecclesiastiche più antiche. Gregorio Magno la richiama in molte sue lettere1. E certo niente v’avea di più opportuno per rimuovere la corruzione, che addur potevano le ricchezze, di fissarne per via di leggi gli usi precisi ne’ quali dovevano essere dispensate2: perocchè l’abuso è inevitabile, se di una grande quantità di beni rimane l’uso ad arbitrio di colui, al quale è affidata; e la corruzione e rovina anche di molti monasteri a questa causa appunto sembra doversi attribuire, che possedendo enormi ricchezze, non v’avea legge sufficiente che ne determinasse gli scopi principali; onde si spendevano come meglio ne pareva agli Abati od altri superiori, in cui balìa si trovavano.

153. Ma quando entrò il feudalismo nel Santuario, come si potè oggimai più mantenere questa santissima dispensazione? Era nell’interesse del signore, e per dir meglio di quell’aristocrazia violenta a cui si riduce il feudalismo che i beni si accumulassero in mano delle grandi famiglie, in mano di pochi; il potere secolaresco si fondava su questo accumulamento: ripugnava dunque la dispersione de’ beni, l’equa caritatevole e fraterna distribuzione: l’istituzione de’ benefizî divenne necessaria per assicurare il sostentamento alla parte più debole del Clero, la quale sarebbe perita di fame e di miserie, se non si fosse così salvata dall’avidità rapace de’ grandi signori, fra’ quali si computavano i Vescovi. Questi non appartenevano oggimai più alla plebe, come ne’ primi tempi (perocchè gli antichi Vescovi, sebbene di casati talor ricchissimi e nobilissimi, si facevano, pure, coll’esser Vescovi, tutti del popolo, di cui professavano la povertà): appartenevano alla classe degli aristocrati invasori e dominatori. D’allora l’abuso divenne legge: i canoni della Chiesa furono elusi con innumerevoli cavilli di parole3, quando non erano colle violenze e colle aperte infrazioni: la divisione quadripartita, la determinazione delle entrate

  1. L. I, ep. lxiv; L. ii, ep. v; L. iii, ep. xi; L. iv, ep. xxvi; L. vii, ep. viii. L. xi, ep. li. — Nella Spagna la porzione de’ poveri lasciavasi unita a quelle del Vescovo e del Clero inferiore, e così i beni ecclesiastici restavano tripartiti.
  2. Egli par cosa probabile, che non sempre la quadruplice partizione si dovesse intendere di parti uguali, ma la misura delle singole parti variasse, secondo i bisogni. Il che osserva Carlo Sebastiano Berardi, nella sua opera sopra il Decreto di Graziano, dove, riferito un canone di Gelasio Papa, soggiunge: In quo sane illud observandum est, quadripartitam illam ecclesiasticorum redituum distributionem non adeo rigide esse intelligendum, ut ad proportionem quandam, ut vocant, geometricam, non ad arithmeticam rationem exigatur. Gratiani Canones etc. P. ii. C. xlix: De Gelasio.
  3. Fra le più deplorabili illusioni di parole, o per dir meglio, vere menzogne, debbonsi enumerare le commende. Per eludere la legge che vietava l’accumulamento in una sola persona di più benefizî, si davano a commenda, cioè gliene si affidava e raccomandava l’amministrazione. Questa amministrazione de’ beni ecclesiastici fin anco de’ monasteri e de’ Vescovati, concedevasi anche a persone laicali, che così ne godevano a man salva i frutti: come chi dicesse, dandosi una pecora al lupo, che ciò si fa per raccomandarla alla sua diligenza! Tutta la giurisprudenza fu pervertita da somiglianti nequitosissime menzogne.

Rosmini - Cinque Piaghe16