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che si dice e si fa nel santo sacrificio, nell’amministrazione de’ Sacramenti, e in tutte le ecclesiastiche funzioni: e però l’essere stato il popolo pressochè diviso e separato d’intelligenza dalla Chiesa nel culto, è la prima delle piaghe aperte e sparte che grondano vivo sangue nel mistico corpo di Gesù Cristo.

16. Più cagioni v’ebbero d’una sì dolorosa e infausta divisione; ma due sembrano essere state le principali.

Ne’ simboli istituiti da Cristo, e ne’ riti aggiunti dalla Chiesa, viene espressa e quasi effigiata tutta la dottrina, sia appartenente al dogma o alla morale del Vangelo, in una lingua comune a tutte le nazioni, cioè nella lingua de’ segni, che mettono sott’occhio le verità in rappresentazioni visibili. Ma questa quasi lingua naturale e universale ha bisogno, per essere a pieno intesa, che quegli a cui è diretta, abbia prima in sè medesimo la cognizione delle verità, la cui ricordanza si vuole con essa suscitare nell’animo suo. E però il popolo cristiano tanto meno intende e prende degli alti sensi che esprime il culto cristiano, quanto è meno instruito coll’evangelica predicazione. Di che Cristo volle che precedesse alle azioni del culto, l’insegnamento della verità; e prima di dire «battezzate le nazioni», disse agli Apostoli suoi «ammaestratele». La scarsezza adunque di una vitale e piena istruzione data alla plebe cristiana (alla quale nuoce il pregiudizio gentilesco messosi in molti, che giovi tenerla in una mezza ignoranza, o che non sia atta alle più sublimi verità della cristiana Fede), è la prima cagione di quel muro di divisione che s’innalza fra lui e i ministri della Chiesa.

17. Dico di piena e di vitale istruzione; perocchè, in quanto all’istruzione materiale, abbonda forse più in questi che in altri tempi. I catechismi sono nelle memorie di tutti: i catechismi contengono le formole dogmatiche, quelle ultime espressioni, più semplici, più esatte, alle quali i lavori uniti insieme di tutti i Dottori che fiorirono in tanti secoli, con ammirabile sottigliezza d’intendimento, e soprattutto assistiti dallo Spirito Santo presente ne’ Concilii e sempre parlante nella Chiesa dispersa, ridussero tutta la dottrina del Cristianesimo. Tanta concisione, tanta esattezza nelle formole dottrinali è certamente un progresso; la parola è resa tutta e sola verità; una via sicura e tracciata, per la quale gl’institutori possono far risuonare, senza molto studio lor proprio, agli orecchi de’ fedeli che istituiscono, i dogmi più reconditi e più sublimi. Ma egli è poi egualmente un vantaggio che i maestri delle cristiane verità possano essere dispensati da un loro proprio e intimo studio delle medesime? Se è reso loro facile il fare udire agli orecchi dei fedeli che istituiscono, delle formole esatte; è egualmente reso facile il far entrare queste formole anche nelle loro menti? farle discendere ne’ loro cuori, dove non giungono se non per la via della mente? L’essere la dottrina abbreviata; l’essere le espressioni, di cui essa si è vestita, condotte a perfezione e all’ultima esattezza dogmatica, e soprattutto l’essere immobilmente fisse e rese per così dire uniche; ha egli forse cagionato che sieno rese alla comune intelligenza anche più accessibili? Non è forse da dubitarsi per lo contrario, che una certa moltiplicità e varietà di espressioni fosse un mezzo acconcio di introdurre negli animi della moltitudine la cognizione del vero, giacchè una espressione chiarisce l’altra, e quella maniera o forma che non si acconcia ad un uditore, è mirabilmente accomodata ad un altro; in somma col chiamare in aiuto tutta per cosi dire la dovizia moltiplice della divina lingua, non si tentano tutte le vie, non si premono tutti gli aditi pe’ quali la parola arriva negli spiriti degli ascoltatori? Non è vero che una sola ed immobile espressione è priva come di moto così di vita, e lascia pure immobile la mente e il cuore di chi l’ascolta? Non è vero che un istitutore che recita ciò ch’egli medesimo non intende, per quanto scrupoloso sia a ripetere verbalmente quanto ebbe altron-