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re nelle nostre campagne in prima la conoscenza dell’alfabeto, e poscia quella cultura che a tutti è indispensabile e quelle cognizioni agronomiche necessarie a rialzare le condizioni economico-agrarie del nuovo regno.

Non è più tempo di discutere se convenga o nò istruire il popolo dei nostri villaggi: il diritto di natura, le necessità sociali vi si oppongono: e lo stesso uomo della gleba è travolto suo malgrado da questo irresistibile bisogno che si intreccia sempre più colli interessi individuali, colli interessi di famiglia, colli interessi del suo stesso paese. Non è difficile l’aver sentito o sentire il contadino sentenziare gli antenati, venire a tenzone di raziocinj, e più specialmente su certe materie che in addietro risvegliavano fra persone sue pari un sentimento di stupore; questo, non altro vuol dire, che i tempi nuovi hanno fatto impressione sulle popolazioni, che esse si sono svegliate dal torpore e dal sonno, e che vanno in traccia dei lumi: arrestarle è impossibile, lasciarle senza sussidio non sarebbe opera di carità sociale, abbandonarle in preda alle loro passioni ed ai loro appetiti, sarebbe un volerne la rovina: dunque la missione dei tempi nostri è di diradare le tenebre, di diffondere la istruzione elementare, quindi impedire che il popolo corra irrefrenato a fonti attossicate, e apprestandogli buoni libri impedirgli la lettura di quelli con cui si vorrebbe rinfocolarne le passioni, esagerarne i diritti senza parlar di doveri, spiegar teorie sovversive d’ogni publico ordine e distruttive di quanto sa di religione e di morale.

Questa è appunto l’opera delle Biblioteche Circolanti, delle Società per l’emancipazione intellettuale, come è sorta da qualche tempo nel Belgio, e delle Società per l'istruzione nelle Campagne quale si è costituita recentemente a Milano ed a cui mi pregio appartenere, società che io credo porterà benefici frutti all’Italia ove non sia trascurata dalli zelanti amici della popolare istruzione e sia coadiuvata in specie dai Comuni Italiani.

Non si facciano velo all’intelletto, coloro che mostrano il viso arcigno a tutto quello che sa di nuovo e che promette utilità al nostro popolo, noi non vogliamo spandere in mezzo ad esso una istruzione che lo inviti ad abbandonare il proprio stato e ad aspirare ad una condizione cui non possa mai giungere; il nostro principio è anzi di fargli amare questo stato medesimo, col metterlo in grado di trarre miglior partito dalle sue fatiche mediante il concorso della forza fisica e della facoltà intellettuale. Noi vogliamo che ei sappia guardarsi dai pregiudizi e dalle soperchierie dell’altrui volontà, giacchè è sulla massa delli idioti e del popolo campagnuolo che hanno sempre fondato i loro tranelli le sètte dei retrogradi e dei socialisti. Noi vogliamo che sappia rendersi superiore all’egoismo particolare ove trattisi di avvocare interessi generali, preferendo non per violenza ma per istinto, la patria alla famiglia, la fami-