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amico, con un maestro continuo che non aggrava se non di pochi soldi il bilancio del comune e delle famiglie.

Il libro risponderà a questo bisogno; vi risponderà quando cessi di essere privilegio, ma vada cercando invece dell’umile faticante nei riposi della sua casa; quando la lettura in comune lo inviterà a pensare, ad imparare ed anche a vergognarsi di non sapere; quando il racconto pronunziato dal giovinetto dodicenne al suo vecchio padre che non seppe mai leggere farà la gioia e la consolazione di parecchie serate d’inverno e la dolcezza del focolare domestico. Nè vale l’opporre che abbiamo ancora accampato un buon numero d’analfabeti, che già la lettura in comune giova pure a costoro e per illuminare e per scuotere l’inerzia; nè per questi sarebbe ragionevole il trascurare gl’interessi di tanta parte di popolo che sa leggere ed a cui manca che cosa leggere.

Se non che ad agevolare la missione delle Biblioteche popolari ed insieme la loro diffusione è senza dubbio necessario che fra i vecchi nostri libri e da giovani nostri ingegni si prepari qualcosa per l’istruzione vera del popolo; che le provincie1 e lo Stato incoraggino gli autori intenti a raccogliere il buon seme della scienza popolare, ad ammannire l’erpice che deve sradicare l’ignoranza.

  1. L’Amministrazione provinciale di Milano ha dato già un nobile esempio: essa fa pubblicare a sue spese dei libriccini di letture popolari più specialmente storiche: altre deputazioni provinciali, come Cremona, premiarono pure dei buoni libri.