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noi molto remoti, come per vezzo o manìa archeologica da molti si suol fare in tutte le cose, quasi a dileggio del presente; ei non era possibile democratizzare l’istruzione e moltiplicare a prezzo popolare il libro, finchè non fosse nata almeno la prodigiosa invenzione della stampa: ma certo è un fatto che attesta molto buon senso (ed io lo citerò come un bell’esempio che stia a conforto dei nostri principii pei quali vogliamo dare tanta importanza ai libri) quello del re Osimandìa, che nella sua reggia a Tebe fece ordinare una collezione d’opere, ponendo sulla porta questa sapiente iscrizione: Medicina dell’anima; e l’altro del giovine Plinio che, dopo avere stabilita una pubblica scuola in Como, la dotò di una Biblioteca, celebrandone l’apertura con un discorso recitato innanzi ai magistrati.

Le Biblioteche popolari però non hanno che una nascita recente; in pochi anni appartengono già ai due mondi e sono una istituzione direi quasi cosmopolita. L’Inghilterra, la Germania, la Francia, la Svizzera hanno le loro Biblioteche popolari; la piccola Alsazia ne conta 55, e più di 100 il Belgio coi suoi quattro milioni e mezzo di abitanti: fino in Istria, a Suez, in Algeria1 s’aprono Biblioteche pel popolo, ed oggi stesso mi viene notizia da un mio carissimo amico di Trento, A. Panizza, che là pure inaugurasi per opera sua la prima col permesso dell’I. R. Luogot. austriaca. Anco la Spagna si è risveglia e una Società promotrice è di già organizzata a Valenza

  1. Anco la colonia italiana a Buenos-Ayres aprì due anni or sono una Biblioteca popolare.