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blicità che ebbe nei nostri atti e stampati, i quali per le mani dei soci onorali e donatori si diffusero e corsero per tutta Italia, si potè render pratica e viva col fatto in più di 250 città del Regno; e a tal numero sommano finora le Biblioteche che sono fondate o si vanno istituendo a beneficio del popolo.
Oggi tutti i più valenti scrittori e i più rinomati educatori si sono dati la mano in questo nobile arringo, in questa lodevole iniziativa; chi riannodando siffatti principii di progresso alla autorità di Pestalozzi e di vecchi maestri, chi con nuove e varie argomentazioni proclamarono tutti che l’istruzione elementare ha bisogno di esser sussidiata dalla lettura di libri appropriati alle diverse classi della società.
In Francia il ministro Duruy e il segretario Robert hanno alzato la voce dicendo che il buon successo dell’istruzione è raccomandato all’istituzione delle Biblioteche comunali, e il Simon: «A che pro avete insegnato a leggere all’umile faticante, quando egli non avrà mai un libro nella sua casupola? Istituite le Biblioteche popolari, fate che in tutta la Francia non vi sia una capanna senza un libro.» Ma la crociata in questi tempi è diretta principalmente dal Macè, dal Simon, dal Baudrillart, dal Boussingault, Léfébure in Francia; dal Tarlier, Buls, Annoot in Belgio; dal Virchow, Pfeiffer in Prussia; e dove queste istituzioni non erano entrate ancora negli usi del paese, l’apostolato del libro ha trovato facilmente per tutto dei fautori assennati e influenti.
Sarebbe strano voler trovare l’origine delle Biblioteche popolari vere e proprie in tempi a