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A due generi di letteratura veramente popolare dovrebbe pensarsi, più che ora non si fa, ai giornali cioè ed agli almanacchi; de’ primi la merce abbonda presso di noi, epperò mi passo dal parlarne; gli altri sono proprio i libri per eccellenza popolari, perchè sono tra i pochi i quali si spargono in mezzo al popolo, che sono ricerchi ed avidamente letti. L’almanacco è forse più utile e più istruttivo che il giornale, perchè sta più a lungo nelle mani del popolo, ed ha perciò un’azione meno effimera.
Chi facesse la storia degli almanacchi farebbe opera interessante e dilettevole; noi noteremo solo di passaggio che caddero già in tanto disprezzo, che la parola istessa si applicava a significare cosa bassa e spregevole non pure in fatto di libri, ma di qualsivoglia altra cosa. Ma per quanto spregevole cosa fossero, il popolo li cercava ed avidamente li leggeva. Il ciarlatanesimo se ne valeva per spacciare le cose sue; in esso si mettevano le profezie del tempo e le predizioni del lotto, si vendeva al volgo ignorante a pochi e sicuri quattrini la ingannatrice speranza di arricchire.
Da alcuni anni uomini sapienti e solleciti della educazione popolare, seguendo l’esempio di ciò che si fa in Francia ed in Inghilterra, s’impadronirono del vecchio titolo e cercarono di ringiovanirlo colla bontà delle dottrine e colla bellezza dello stile. Così fece in Toscana quell’ottimo uomo che fu Pietro Thouar col Nipote del Sesto Caio Bacelli; lo stesso fece un altro valentuomo di Milano col Nipote del Vestaverde.
Altri poi, ritenendo il nome soltanto di almanacchi, non isdegnarono farne oggetto di particolari studii, innestando in essi quelle dottrine che prima si esponevano in grossi volumi. Ma il libro-almanacco ha un vantaggio: è portato sulle piazze, alla porta di casa, nelle campagne. L’alma-