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si travagliano di presente in Italia a soddisfare a questo nuovo bisogno dell’educazione popolare. Le tipografie di Torino, di Bologna, di Genova, di Milano, di Napoli e Firenze, per tacere delle più umili città, lavorano si può dire quasi esclusivamente a presentare i materiali veramente essenziali di questa recente istituzione. Nella loro antiveggenza questi operai del progresso non chiesero privilegi, non aspettarono regolamenti. L’utile ha un cotal senso divinatorio; e Giuseppe Pomba dava a Cesare Cantù il concetto fondamentale della sua storia dicendogli: Scrivetemi una storia nella quale i popoli, quasi manipoli d’un esercito, ubbidiscano al comando, e si muovano concordi.
Gaspare Barbera partiva da Torino or sono trent’anni, portando tutto il suo avere materiale in un fazzoletto da naso: ma nascondeva nel suo cuore un’attività irrequieta, ma portava nella sua mente il buon gusto di Bodoni, e sapeva indovinare il pensiero che dettava i ricordi di Massimo d’Azeglio.
L’antichissima tipografia di Giacomo Agnelli di Milano si va ringiovanendo cogli scritti di due venerandi uomini, Nicolò Tommaseo e Giuseppe Sacchi, i quali da oltre quarant’anni lottano e si affaticano per l’educazione popolare. A trarre i giovani scrittori ai temi veri e più necessarii, bandiva col bel mezzo di questo Congresso un premio all’autore d’un’operetta a vantaggio degli operai.
Questi sono i fatti, i nomi e gli esempi che dimostrano che il movimento è incamminato e con tale ambio, che senza esser profeta e senza paura d’essere smentiti dagli eventi, si può predire che in un lustro vi saranno in Italia tanti e tali libri popolari quanti basteranno perchè in ogni centro di mille abitanti v’abbia la sua Biblioteca, come oggi vi ha l’osteria ed il caffè.