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al popolo più morale, più dilettevole, più laboriosa, più utile, più dignitosa e più felice l’esistenza.
Cotesta serie, sia che si presenti nell’ordine cronologico, sia che la si studii nella dipendenza de’ concetti, è una, costante e coerente a sè stessa. E cotesti caratteri diventano poi i criterii, mercè cui si può giudicare quasi a priori ed intrinsecamente della bontà ed utilità di essi mezzi.
Un’altra avvertenza generalissima giova premettere, che le istituzioni pigliano forme varie a seconda de’ tempi, come i frutti variano a seconda delle stagioni. Anzi in quella guisa che un frutto perde le sue migliori qualità allorchè si prepara a dar vita ad un nuovo essere della propria specie, il quale, seguendo l’ordine mirabile del creato, dovrebbe presentarsi sempre migliore, pur conservando l’identità della specie. Così si spiega perchè negli ordinamenti civili possa talora avvenire che un’istituzione, la quale in sulle prime apparve mirabile ne’ suoi effetti, uggisca, se non in realtà, almeno in apparenza, e generi quasi nell’universale un disgusto, il quale va bene di spesso tanto in là quant’era stato soverchio il favore e l’entusiasmo anteriore. Cotesto, a nostro ricordo, vedemmo delle scuole di metodo, dai cui ebbe cominciamento quel moto così universale e quell’istinto d’incontentabilità e di irrequietezza che tutto all’intorno e noi stessi commove ed agita senza posa.
Or bene, quale era il problema intorno al quale si travagliavano (parlo del solo Piemonte, dove appunto più vicini e sotto i nostri occhi avvennero i fatti che narro) le scuole di metodo? Quest’unico formolato già da secoli: non scholae sed vitae discendum; il quale non era stato mai presso di noi espresso in un articolo di legge. Ecco la traduzione fedelissima che se ne fece: l’istruzione dev’essere educativa, deve cioè abbracciare ed impadronirsi di tutto