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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo

bare nel proprio esercizio di dominio le antiche unità governative, municipali feudali dinastiche 741, con saggezza politica, non potevano non far proprie quelle pratiche e procedure dell’organizzazione fiscale in cui Bizantini e Arabi avevano dato eccellente prova di sé. Presto troviamo usate anche le dizioni latine (o latinizzate) di dohana de secretis e dohana baronum, in greco oexpé-uos tgùv ccnoxoraòv^2. Si trattava di due uffici, effettivamente operanti, come risulta da più testimonianze, alle dipendenze di un solo Camerarius o Magister regie duane de secretis et duane baronum 703.

Secondo la vecchia dottrina, la doana de secretis compilava i registri dei beni demaniali e li amministrava, controllando le entrate e le spese pubbliche, tutte le concessioni regie. La dohana baronum sarebbe stata preposta agli affari di natura feudale: feudatari e loro terre, loro diritti e obblighi. Dopo gli studi di Hiroshi Takayama 77,4 condotti sulla base delle ricerche e delle conclusioni di Carlo Alberto Garufi 785, Mario Caravale 796, Enrico Mazzarese Fardella 807, sembra impossibile attenersi a tale interpretazione, ma bisogna ammettere che, mentre la Doana de Secretis amministrava la Sicilia e la Calabria citra portam Roseti, la dohana baronum amministrava tutti gli altri territori dell’Italia Meridionale. Con Guglielmo II la dohana de Secretis aveva sede in Palermo, la dohana baronum in Salerno 818. Nell’Italia meridionale peninsulare, conquistata da Ruggero II, c’erano molti feudi, in Sicilia al contrario si estendevano ampi i domini regi. In Calabria persisteva una tradizione di registri e ordinamenti bizantini, e perciò questa regione fu congiunta amministrativamente alla Sicilia con cui presentava più numerose analogie. Il resto dell’Italia meridionale ebbe un ufficio a parte. Esso con le sue catalogazioni speciali di baroni, loro terre e vassalli, doveva servire a completare quel processo di coordinamento territoriale, perseguito dai re normanni, contro le tendenze centrifughe e indipendentistiche degli organismi feudali.

Durante l’età sveva dovette essere proprio l’esigenza unitaria a imporre la creazione di un organo superiore di controllo che verificasse con intenti univoci quanto si operava nel regno da parte di funzionari e delegati regi.


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  1. Jamison, The Norman, pp. 265 sgg.
  2. È genitivo plurale da li àTtoxoTurj col valore di cose separate, messe da parte. Non c’era corrispettivo arabo perché riguardava regioni su cui non si era estesa la dominazione araba.
  3. Spata, Le pergamene greche, pp. 447 sgg.: «[...] Goffridus de Modac palatinus camerarius, et magister duane de secretis, et duane baronum. Universis baiulis et portulanis Sicilie, Calabrie, et principatus salerni [...] ’ Ioocppèi; Tfj<; Moòàx ó Ttovltmvoi; xa^spàpioi; Turai toi<; é^ouoiaoTaii; xoù napaOupraui; Eixeài’ok; xaì KovlaPpi’ai; xoù toù npvyxi7rai:ou aaÀEpi’vou toì? évi;u-yx«V0l>O1 [...]». Ho creduto opportuno regolarizzare la punteggiatura, gli spiriti e gli accenti del testo greco. Non è questo il luogo per entrare nel merito delle influenze e derivazioni greche, arabe o inglesi nella amministrazione normanna del Regno di Sicilia. Il Gregorio, l’Amari, il Garufi ne discussero a lungo.
  4. Takayama, The administration; idem, The financial; idem, The Administrative Organisatìon.
  5. Garufi, Sull’ordinamento.
  6. Caravale, Il regno normanno.
  7. Mazzarese Fardella, Aspetti.
  8. Takayama, The administration, pp. 143-152; idem, The financial, pp. 131-133, 142.