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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secologio, senza un’accertata professionalità, li rendeva doppiamente sospetti al monarca, che se talvolta, per ingraziarseli, insieme con i loro elettori, li colmò di altissimi privilegi, li ridusse poi, con Ladislao e quindi con Giovanna II ed Alfonso I, a beneficiare di una carica semplicemente onorifica. È da osservare tuttavia che non furono soppressi da Alfonso come vorrebbe il Pecchia che, interpretando dati e giungendo a proprie personali conclusioni, nega credito al Toppi e al Moles.
Il Pecchia è d’accordo col Giannone nell’affermare che Alfonso per primo assegnò le cause feudali alla Sommaria; e anch’egli, come il Giannone, sulla scorta dell’affermazione di Angelo di Costanzo.
Le fonti dirette del Pecchia si rivelano tuttavia il Toppi e i documenti da lui riportati nel De origine omnium Tribunalium, in particolare la lettera di Alfonso del 23 novembre 1450, sulla base della quale costruisce tutta la sua argomentazione.
Anche Ludovico Bianchini 65 1tratta il problema della Camera della Sommaria, con la sobrietà che gli è consueta, introducendo significative osservazioni. Per lui la Camera della Sommaria fu creata dai re Angioini e si unì, successivamente, alla "Magna Curia dei Maestri Razionali" di origine normanna 66.2 Gli Angioini, per cancellare la memoria di tutto ciò che avrebbe potuto richiamare l’operato degli Svevi, curarono la distruzione di ogni loro registro, e vollero che la Camera avesse sede nel Castello dell’Ovo, mentre la curia dei Maestri Razionali era allogata nell’ampio palazzo di S. Agostino della Zecca, comperato da Roberto proprio perché in esso vi fosse la zecca e l’archivio dei Maestri Razionali che presiedevano alla monetazione 67.3 Il re Alfonso I, volendo che l’amministrazione della pubblica economia dipendesse tutta da lui, mal sopportando quindi i Maestri Razionali eletti dai Seggi, trasferì tutta l’autorità di costoro nei Presidenti, seguendo quanto già avevano fatto Ladislao e gli ultimi angioini. I Presidenti, che gli angioini avevano voluto ai posti direttivi in campo giuridico ed economico, finirono col divenire il fulcro di una magistratura cui «appartenne anco la conoscenza delle cause feudali» 684.A conclusione di questo excursus si rivela dunque poco comprensibile come la Capograssi Barbini 65 ^, assicurando ampia diffusione a inesatte convinzioni, giunga ad affermare:
«Con legge del 23 novembre 1450 [...] Alfonso di Aragona avocò a sé la scelta dei Maestri
Razionali che non furono più eletti dai Seggi;»
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discrepante, avevano voce ad praesidendum.
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- ↑ Bianchini, Stona delle finanze. Sul Bianchini cfr. l’Introduzione di Luigi de Rosa all’opera stessa, oltre che Villani, Lodovico Bianchini.
- ↑ Bianchini, Storia delle finanze, p. 132. Ma è certo che i Magistri Rationales apparvero per la prima volta sotto gli Svevi. Allocati, Lineamenti, p. 50 sg., ripropone quanto sostenuto dal Bianchini.
- ↑ Bianchini, Storia delle finanze, p. 132 sg.
- ↑ Ivi, p. 187.
- ↑ Capograssi Barbini, Note, p. 17.